Comune di San Vincenzo valle Roveto

Morrea racchiude 104 famiglie per un totale di 436 abitanti. La viabilità lascia molto a desiderare, non essendovi che una sola strada mulattiera in pessimo stato. E’ un paese prevalentemente dedito alla pastorizia. E’ privo di acqua e per procurarsela si deve scendere per un chilometro circa verso valle. II prodotto del suolo, essendo Morrea paese di montagna, quindi pietroso, e insufficiente a! fabbisogno degli abitanti, per cui la popolazione e costretta, nel tempo del raccolto, ad emigrare nella piana del Fucino, a lavorare Oppure a spigolare, per assicurarsi il pane per un po’ di tempo.

A Nord e circondata da alte montagne che offrono naturali e sicuri rifugi, come li offrirono ai banditi nel periodo borbonico. Di origine antichissima, Morrea e ricordata anche dagli storici. L’epoca medioevale e pienamente attestata dal castello e dalle varie torri esistenti nel paese. II castello di Morrea, dei Piccolomini, con tre torri e un campanile, ha una mole imponente e, costruito interamente sulla roccia, rappresenta pressoché la spina dorsale di tutto il paese, avendo inizio all’ingresso del medesimo e termine oltre il centro dell’abitato, con L’abitazione dell’Arciprete. Si presume che la casa parrocchiale sia stata anche la abitazione del barone; infatti, risulta circondata da tre portali in pietra che, all’epoca, venivano chiusi con porte di ferro. Cosi pure la Chiesa di San Michele, ora ampliata, sembra essere stata la cappella gentilizia del barone stesso, mentre il castello vero e proprio era la dimora del presidio baronale.

Come si é detto, e antica pure la Chiesa. Nel 1562 ad essa fu aggregato L’intero patrimonio del convento di S. Francesco in Morrea, soppresso con la Bolla ” Instauranda ” di Innocenzo Papa X. Il Convento non esiste più e neppure si conosce il luogo dove sorgeva. Dalla Bolla dell’Arcipretura conferita a Don Sebastiano Testa, si rileva ancora che Castelnuovo (ora Castronuovo), S. Giovanni delli Colli e S. Vincenzo, facevano parte di Morrea. In seguito furono separati, ma non esiste alcun documento di questa separazione.
Prima del terremoto del l915 Morrea contava circa 600 abitanti e di essa facevano parte i casali di Rosce e Pantaleo. Oopo il terremoto, una parte di abitanti lascio il paese per trasferirsi in un vicino paese che nel frattempo era sorto lungo la stradale, Morrea Nuovo, sotto il nome di S. Restituta.

Morrea “Anni trenta ”
II paese conta circa 450 abitanti, dediti esclusivamente alla pastorizia e all’agricoltura. La quasi totalità degli adulti e analfabeta o semianalfabeta. C’e la scuola elementare con tre classi soltanto. Non esiste la strada rotabile, ma solo due mulattiere strette e sassose, una passante per le ” Chiuse ” e L’altra per le ” Silve “. Le calzature in uso sono le ” cioce ” o i sandali. Non c’e acqua potabile e per averla bisogna scendere attraverso una scoscesa mulattiera, con un dislivello di 100 m. circa, fino alla località Tasso, dove c’e una fonte naturale con abbeveratoio e una rudimentale vasca per il bucato.

Verso sera, risalendo al paese dopo una giornata di duro lavoro nei campi (per lo più uliveti, vigneti, qualche coltivazione di grano e di mais), si passa presso la fonte. Qui le donne riempiono d’acqua la caratteristica conca di rame che sistemeranno sul cercine, la ” spara ” (panno arrotolato a forma di ciambella e posto sul capo), mentre gli uomini sistemano con perizia i ” barili ” e le ” copelle ” di legno, pieni di acqua, ai lati del basto del somarello. Nelle giornate di pioggia, diversamente, si approfitta per sistemare uno o più recipienti (bagnarole) sotto la grondaia della propria abitazione onde raccogliere L’acqua che verrà usata nei vari servizi igienico-sanitari. In casa, la sera si prepara la cena stando davanti al camino, sempre acceso, per riscaldare o cucinare.
C’e la corrente elettrica, pero non tutte le famiglie si possono permettere in casa una lampadina che, comunque, si accenderà esclusivamente dal tramonto all’alba (a forfait). L’illuminazione pubblica consta di cinque lampadine in tutto il paese. Un po’ ovunque si usano i lumi ad olio oppure a petrolio. A volte, di notte, quando manca la luna ed e buio fittissimo, chi e costretto ad uscire si procura un tizzone acceso dal camino e si fa luce agitandolo.

Le vie interne del paese sono formate da un selciato di pietre sconnesse. La piazza non esiste, c’e soltanto un piccolo spiazzo, davanti alla Chiesa di S. Sebastiano, che si allunga restringendosi fino alla Chiesa di S. Michele (La Valle). Le case, in pietra locale, senza intonaco, sono vecchie e molte, diroccate o semidiroccate, portano ancora i segni del terremoto della Marsica del 1915. Alcuni anni più tardi, vengono costruiti tre fabbricati per conto delle Case Popolari.

Testi tratti dal libro Morrea ieri oggi domani

Testi a cura di Giuseppe Sartinara

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