Carlo Colonnello è un pittore, un artista della tela e dei colori. E rimane tale anche quando percorre la strada della poesia, e di una particolare poesia qual è quella in dialetto. Il Volumetto “La terra mè”, pertanto, costituisce una sorta di trascrizione in versi di immagini e sentimenti che, in altre occasioni, l’Autore aveva (o avrebbe) rappresentato con altri segni e con altro linguaggio. Proviamo ad analizzare la breve composizione d’apertura, quella che dà il titolo all’intera raccolta. Si tratta di un rapido e sintetico ritratto dell’Abruzzo, visto come un armonico insieme di immagini paesistiche e colori. La terra, “na spasa fresca de pane levétate” (una distesa fresca di pane lievitato), è punteggiata dal grigio dei monti, dal verde chiaro delle valli e dal verde scuro dei boschi; e il tutto è solcato da chiare strisce d’acqua limpida, sfocianti, laddove “s’appiana je colle”, nel pacato e disteso azzurro del mare.
Un quadretto o se si vuol essere più precisi una poesia-ritratto d’ambiente, che potrebbe essere incorniciata e far bella mostra di sè in un salotto, viva e seducente nel suo cromatismo e nella sua funzionalità visiva. Ma vediamo con un certo ordine”quel che Carlo Colonnello ha voluto e saputo fare con la penna. La raccolta è.divisa in tre parti, ciascuna centrata su un tema specifico: la prima (“La terra me’ “) si occupa di quell’angolino appartato dell’Abruzzo che è la Marsica (e, soprattutto, Avezzano, città in cui l’autore è vissuto fin dalla più tenera età) ; la seconda (“Paese e stagione”) è una specie di calendario marsicano, realizzato attraverso l’esaltazione e la trasfigurazione dei profumi, dei suoni, dei sapori nostrani sempre profondamente diversi eppur sempre dolcemente uguali nei differenti momenti dell’anno; la terza (“Ggende, alimani e feste ajje paese”) è una panoramica, cromaticamente variegata e simpaticamente frizzante, di figure, di “momenti”, di scorci pesistici, che vanno dalla riposante atmosfera casalinga del mercatuccio d’Avezzano (quello che si svolge “di qua dal campanile”, tra il portale della chiesa e la fontana dove ci si siede) fino alla rumorosa e festosa sarabanda di “Ascensione”. Ogni parte contiene piccole composizioni di fattura impressionistica (simili a quella iniziale) e composizioni più lunghe ed elaborate, che costituiscono quasi gli elementi-chiave per comprendere il senso dell’intera raccolta.
Nella prima sezione i punti focali sono rappresentanti dal Cupello (“je rione mi”, il mio rione) e dalla “bella addormentata” (la catena di monti che sopra Cerchio, appare al viaggiatore come una fanciulla che riposi, bella nelle sue appariscenti e sensuali forme corporee , e tuttavia composta e delicata nella sua pudica nudità.
Nella seconda sezione i momenti salienti sono, sicuramente, quelli della “nutiella acustarola” (la nuvoletta dagosto’ ), una speo ce favola ritmata come una fîlastrocca” (ERMANNO TOCCOTELLI), della “smarroccata” (una delle rare occasioni nel passato, per il primo pubblico manifestarsi di un
teneroe giovanile sentimento d’amore e dei giorni della “merla” (una delicata poesia ispirata ad un’antica leggenda secondo cui i merli bianchi in origine, sarebbero divenuti neri il giorno nel quale un amerla, insieme ai suoi tre merlotti era stata costretta a rifugiarsi, per il gran freddo, entro un oscuro comignolo).
Nella terza sezione, infine oltre alla già ricordata “Ascensione”, sono da sottolineare due figure, una di uomo e l’altra di animale: quella di Arturo Camiciola (un uomo dalla coccia rossa e l’anniva pe’ capijji”, testa grossa e l’invidia per capelli) e l’altra della fedele cagnetta di “Chicchette je speziale”, una simbolica immagine di una condizione umana assai frequente nelle nostre semplici e povere terre di montagna. Qua e là affiorano più delicati momenti di memoria familiare come la felice figurazione della figlia Antonella, quando era piccola e la cagnolina Tecla. O ancora scene di una Avezzano che fu il tradizionale rione “Cupello”, la fiera di San Nicola, il traino… ed altre figure ed altre immagini si alternano e si intrecciano formando una vera e propria galleria di scorci paesani, in cui il particolare realistico emerge, ma tramandandosi n una tenera favola poetica.
Avezzano, 4 gennaio 1987
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