Petronilla Paolini Massimi nacque a Tagliacozzo il 24 dicembre 1663 da Francesco Paolini, barone di Ortona dei Marsi, e da Silvia Argoli, dello stesso nobile casato cui appartennero il matematico Andrea e il poeta Giovanni. Era ancora bambina quando il padre venne ucciso da « una mano possente per laddietro amica », forse per gelosia o per qualche intrigo di corte: egli era infatti gentiluomo dei Colonna e come tale aveva accompagnato il gran Contestabile Lorenzo nelle sue missioni per lItalia e per la Spagna, ed era stato con lui durante il suo incarico di viceré dAragona. Morto il padre, la piccola Petronilla si trasferģ con la madre a Roma, dove lattendeva una sorte non meno avversa.
Scrive in proposito il Croce: « Era essa erede di molta ricchezza ed ebbe tuttintorno molte cupidigie e molte minacce e molti pericoli; senonché il papa, Clemente X, la prese in protezione; e della protezione si valse per darla in sposa, alletą di dieci anni e con le agognate ricchezze, a un suo parente, di etą pił che matura, Francesco Massimi, vice castellano di Castel SantAngelo, appianando la disparita degli anni con una ben larga dispensa ecclesiastica » . Ovviamente la vita coniugale, benché confortata da prole, fu assai difficile e tormentata per leccessiva differenza di etą, di cultura, di indole, col « vecchio e brutale » marito, dal quale fini per separarsi ritirandosi in un monastero, dove riconquisto la sospirata serenitą (turbata subito dalla morte di un figlio) e poté dedicarsi allo studio delle lingue (latina, francese e spagnola), della letteratura italiana e della filosofia, ma poté soprattutto riprendere e affinare la vocazione per la poesia, sorta gią in tenera etą. E fu proprio la poesia a darle le pił grandi soddisfazioni: infatti, le sue rime cominciarono ben presto a diffondersi negli ambienti letterari romani, ottenendo molto successo. Nel 1698 fu accolta nellAccademia dellArcadia col nome pastorale di Fidalma Partenide.
Successivamente fece parte anche di altre accademie: degli Infecondi di Roma, degli Intronati di Siena, degli Insensati di Perugia, degli Invigoriti di Foligno, degli Oscuri di Tucca, degli Immaturi della Pergola. Si fece apprezzare dovunque per la sua abilita dimprovvisazione, che ricordava quella celebre dun antico conterraneo, Ovidio. Nel 1717 le mori il marito.
Dopo di quellanno torno per breve tempo in Abruzzo e visito diversi centri, tra cui Sulmona, Tagliacozzo e Magliano, dove compose due canzoni: « una per i meravigliosi avanzi della vetusta colonia di Albe, posti vicino a Magliano; e laltra, in cui si allude al famoso emissario di Fucino, quivi fatto da Claudio Nerone ». Fatto ritorno a Roma, non se ne allontano pił. Mon il 3 marzo 1726 per « infiammazione di petto » e fu sepolta « collabito di Religiosa Teresiana come nel Testamento aveva ordinato » . Il cordoglio per la sua morte fu unanime tra coloro che la conoscevano e stimavano. Labate Michel Giuseppe Morei, in Arcadia detto Mireo Rofeatico, scrisse: « Interiit Fidalma: poetria doctior illa / non fuit Arcadico, non erit ulla choro ». Nel 1727 i figli incaricarono lerudito celanese P.A. Corsignani, che era stato sempre per cosi dire amico di famiglia e grande estimatore della poetessa, di scrivere lepitaffio per la lapide sepolcrale.
Petronilla Paolini Massimi lasciņ una copiosa produzione di rime, in gran parte inedite. Il suo « curriculum » ufficiale sinizio molto presto, nonostante le note traversie della sua vita, e con ogni buon auspicio: « appena giunta alletą di anni 18, scrive il suo primo biografo pubblico due Oratori, uno di Santa Petronilla e laltro per il Nascimento del Redentore, e unOde al re Giacomo II dInghilterra: e quantunque tali opere fossero piccole di mole, con tuttociņ ebbero applauso; giacche la fama non si da alla mole, ma bensģ al peso dei libri, quando sono tali, quali furono quelli della nostra Poetessa ricolmi di ogni buon lume poetico ». Dopo un avvio cosi promettente ci fu una lunga pausa, senzaltro dovuta alle particolari dif6colta di famiglia. Solo verso lo scadere del secolo riprese a pubblicare i suoi versi, ma sempre saltuariamente, per lo pił affidandoli a miscellanee allora di moda, senza avere mai la cura ambiziosa di offrire ai lettori una raccolta organica dei suoi componimenti migliori. Si potrebbe anche pensare che la Paolini non disponesse di quella forza e volontą, tipiche dei grandi poeti, che sono necessarie per condurre un opportuno riordinamento e una severa selezione delle proprie opere; e vero tuttavia che il Corsignani, il quale potč vedere personalmente tutti i manoscritti della poetessa, parla di quattro raccolte di scritti inediti cosi intitolate:
1) Componimenti poetici e prosaici della Marchesa Petronilla Paolini Massimi tomo VIII;
2) Id. con Rime di diversi a Fidalma;
3) Corrispondenze del 1707-09;
4) Scelta di poesie della Marchesa Petronilla.
Il Corsignani, dando brevi notizie di questi manoscritti, non nasconde la speranza che « un giorno si vedranno dati alle stampe », ma purtroppo non e stato cosi, poiché ne il figlio della poetessa, marchese Emilio, che li ebbe in custodia dopo la morte, ne gli altri discendenti, si curarono mai di pubblicarli, cosicché e legittimo oggi pensare che siano andati tutti perduti. Ed e una grave perdita per chi intenda tracciare un profilo completo della personalita della Paolini: di notevole interesse sarebbero ancor oggi riusciti il suo carteggio epistolare e due melodrammi dal titolo « Il tradimento vendicato o la donna illustre » e « LAtomiri ». Ma ce da dolersene anche perché la Paolini si esercito non soltanto « nella poesia toscana, ma nella latina eziandio, e scrisse perfettamente in ambedue le prose ».
Mancando dunque la pubblicazione dellintero « corpus » delle opere, elencheremo in ordine cronologico solo gli scritti editi sui quali si hanno sicure notizie:
1) Oratorio per la morte del Redentore, dedicato allImperatore Leopoldo I (Roma, 1697);
2) Oratorio per linvenzione della Santa Croce, dedicato allImperatrice Lionora (Vienna, 1698);
3) Divozioni di S. Anna versi (Napoli, 1699);
4) Sonetti (in « I giuochi olimpici », celebrati dagli Arcadi nellOlimpiade DCXX in lode di N. S. Papa Clemente XI, Roma, 1701);
5) Sonetti (in « Corona poetica rinterzata », in lode di N. S. Papa Clemente XI, a cura di G. M. Crescimbeni, Roma, 1701);
6) Oratorio di S. Anna per la cittą di Sezze (Roma, 1702);
7) Canzone epitalamica per le nozze del Signor Conte Fermano Bichi e Vittoria Zandonari Chigi (Siena, 1704);
8) Canzone epitalamica per le nozze del Signor Conte Paolo Patrizio de Zappettari e Camilla Carpegni (Perugia, 1704);
9) Divozioni al glorioso Angiolo Custode (Roma, 1705);
10) Componimento dedicato al Conte di Galasso ambasciatore Cesareo Cattolico in Roma nel Pontificato di Clemente XI (Roma, 1715);
11) Rime varie (nel primo Tomo de « Le rime degli Arcadi », Roma 1716);
12) Sonetti dedicati alla Santitą di N. S. Papa Clemente XI (nel III Tomo de « Le rime degli Arcadi », Roma 1716);
13) Sonetti per la Beata Vergine tutelare delle armi cesaree (nel Tomo VIII de « Le rime degli Arcadi », Roma 1717);
14) Che lamore non e atto a perfezionare lanimo umano prosa (in « Le prose degli Arcadi », Roma 1718);
15) Sonetto (in « Corona pnetiea rinterzata », offerta dalla Ragunanza dArcadia alla Santitą di Papa Clemente XI, Tomo IX de « Le rime degli Arcadi », Roma 1722);
16) Sonetto (in « Corona poetica », offerta dagli Arcadi lanno 1719 alla Sacra Immagine di S. Maria in Cosmedin, Tomo IX de « Le rime degli Arcadi », Roma 1722);
17) Sonetto (in « Corona poetica », tessuta dalla Ragunanza dArcadia in lode di Monsignor Annibale Albani, tra gli Arcadi acclamato Poliarco Taigetide, nipote di Clemente XI, Tomo IX de « Le rime degli Arcadi », Roma 1722).
18) Strofe in onore di S. Anastasia (in << Vita di S. Anastasia » di P. Bovucci, Roma 1722);
19) Sonetto dedicato a P. A. Corsignani (in « Reggia Marsicana » di P. A. Corsignani, Napoli, 1738).
Riteniamo utile aggiungere che, tra tutte le fonti citate, le « Rime degli Arcadi » (Tomo I, III, VIII, IX) contengono il maggior numero di componimenti della Paolini; comunque, unampia scelta se ne puņ leggere anche in alcune antologie abbastanza note agli specialisti, come quelle del Recanati (1716), della Bergalli (1726), del Ceva (1735), del Mazzoleni (1801) e della De Blasi (1930) .
Giudizi critici
P. A. Corsignani:
« Era perciņ appellata la Poetessa di Roma, col quale titolo onorolla in una lettera che le scrisse il famoso Senatore Vincenzo da Filicaia, a cui ella modestamente rispose, salutandolo con una Canzone ». (dalla « Vita di Petronilla Paolini Massimi »). « La gloriosa Provincia dei Marsi se ha mai sempre sublimi ingegni nelle lettere con eterna laude vantati, e fra essi i Veniani e i Domizi poeti della romana repubblica, ora senza dubbio con averci data alla luce Petronilla, di cui favelliamo: donna per nascimento, per erudizione, e per virtł morale vivamente illustre, parmi certamente avere ella il suo antico decoro al Mondo tutto nella persona di lei ravvivato ». (Dalla « Reggia Marsicana », vol. I, p. 415).
J. De Blasii:
« Insomma, nonostante il suo certificato e le sue credenziali di Fidalma Partenide, la Marchesa Petronilla Paolini Massimi non fu per niente unArcade; ed e una delle poche di cui i versi ci offrono una documentazione di vita e di sentimenti. Rivendichiamola dunque fuor della schiera, e diamole senzaltro in tanta scialbatura che la circonda un posto di rilievo tra le rimatrici contemporanee. » (da « Le scrittrici italiane dalle origini al 1800 »).
P. Iacopo Martelli:
« Cosģ gran poetessa, si gran dama, dotata di uno spirito tanto elevato » (in « Opere », tomo III, Bologna, 1735).
Benedetto Croce:
« E si dette tutta alle lettere, imparando parecchie lingue e studiando filosofia, e al fervido culto della poesia. Sotto il quale culto non bisogna intendere, come si suole specialmente dal tempo romantico e altresģ per atto del pił elaborato concetto della poesia e della sua genesi, lopera di uno spirito geniale che dia forma a sentimenti e commozioni suoi propri o accolti nellanima sua, ma il compiacimento di un lavoro quasi. tecnico per svolgere astratte e convenzionali situazioni psicologiche, per solito di amore, ma anche concetti morali e di devozione religiosa, ed occorrenze della vita sociale, elogi, complimenti, ringraziamenti, rallegramenti e compianti. Gli Arcadi portavano in questo lavoro molta cura e un affinamento e una delicatezza che erano mancati alla scuola secentesca; e la Paolini Massimi, che fu tra le pił valenti Arcadi della prima generazione, rivolse quasi tutti i suoi componimenti alla societą che la circondava e per fini encomiastici. Non che ella non avesse un suo serio mondo di affetto; ma da quest erano da escludere anzitutto quelli di amore e ogni rappresentazione dellamore. » (da « Quaderni della Critica », marzo 1948, n. 10, Bari).
A. Salza:
« Verseggiatrice pił valorosa di queste signore e la romana Marchesa Petronilla Paolini Massimi… che merita un luogo distinto per certe arditezze, che nei suoi versi ci meravigliano. » (da « La lirica », Milano).
N. Sapegno:
« Meritano ricordo tuttavia le rime della romana Petronil! a Paolirii Massimi, in cui, attraverso gli schemi eroici, derivati dal Guidi, si riflette una sincera e sofferta esperienza personale. » (da « Compendio di storia della letteratura italiana », vol. II, Firenze, 1947).
M. Fubini:
« Alla maniera eroica, di cui il pavese-romano Guidi si atteggio maestro, si puņ ricondurre per pił dun rispetto lopera della gentildonna abruzzese romana Petronilla Paolini Massimi, in Arcadia Fidalma Partenide, che oggetto dei suoi componimenti fece unesperienza tanto pił sofferta e dolente di quella guidiana, la sua tragica vita di donna sacrificata dalle prepotenze e dagli egoismi altrui una biografia che insieme a episodi della vita d-]la Faustina Maratti Zappi ci lascia intravedere dietro il decoroso apparato dellArcadia un mondo di violenze e di soprusi principeschi e prelatizi e che per questo, quale sia il valore darte dei suoi componimenti, non ci da mai come il Guidi un senso di vuoto mal nascosto sotto frasi magniloquenti. Non la giudicheremo perņ, come un attardato romantico subalpino, il Thovez, quasi un miracolo di poesia nel gran deserto della letteratura italiana, un Leopardi avanti lettera a cui il peso della cultura letteraria soltanto sarebbe stato dimpaccio al dispiegarsi del]a sua autentica vocazione lirica. Diremmo piuttosto che lopera č testimonianza di un insegnamento e di un costume letterario, che permetteva a una gentildonna non gia di liberare nel canto lanimo esacerbato, bensģ di comporre la storia delle sue pene in un discorso serrato, concettoso, tutto intessuto di immagini di forza, di una tensione tale da mettere in forse in qualche punto la stessa chiarezza, non elevando la propria figura a mito poetico, ma idoleggiando se stessa in una raffigurazione di stampo tassesco non senza influsso del Guidi, eroicamente atteggiata…; non lirica pura dunque, ma poesia fondamentalmente letteraria, che aveva pure unefficacia pratica, se cosi idoleggiandosi la rimatrice disacerbava le proprie sofferenze e riusciva sul piano della cultura almeno a rendersi superiore alle condizioni e agli uomini di cui era vittima. » (da « Introduzione ai Lirici del Settecento », vol. 49 della collana « La letteratura italiana Storia e testi », Ricciardi).
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