Comune di Scurcola Marsicana

La tentata invasione dello Stato Pontificio da parte di Manfredi riusci inutile, poiché, invece d’intimorire il Papa, giustificò la chiamata di Carlo d’Angiò. Morto Urbano IV nell’ottobre 1264 e successogli nel febbraio 1265 il suo connazionale Clemente IV, questi ne confermò le decisioni e, quindi, sollecitò la venuta dell’Angioino in Italia.

Prospettata l’impresa come crociata di liberazione della Chiesa dalle minacce di Manfredi, Carlo d’Angiò indusse il suo pio fratello Luigi IX a permettergli di venire a realizzarla con l’esercito. Giunse perciò a Roma nel maggio 1265 e vi fu solennemente accolto, specie dalla popolazione di parte guelfa. Di fronte alla venuta di Carlo d’Angiò, Manfredi riorganizzò l’esercito e con esso da Sora, attraverso la Valle Roveto, i Campi Palentini e il contrafforte del monte ove, o per la valle di Luppa, arrivò a Carsoli (allora chiamata Celle), porta verso la Stato Pontificio, nella quale sostò sperando che gli si arrendesse Tivoli.

Fallita tale speranza, riprese la marcia e, passando per Pescorocchiano, Corvaro e Montereale, giunse ad Amatrice; ma qui in attesa di Carlo d’Angiò, discese a Rieti e, risalendo per la Valle del Turano, giunse a Vicovaro, feudo degli Orsini, donde, informato sull’impossibilità. di conquistare Tivoli, tornò nel proprio regno. Intanto Carlo d’Angiò, che non aveva risposto alla minacciata invasione di Manfredi consolidava le sue posizioni politiche e militari specialmente con l’aiuto pecuniario del Papa, cui accordarono larghi prestiti i banchieri guelfi della Toscana, cacciati dalle loro città dopo la battaglia di Montaperti.

Sicché, dopo essere stato incoronato re di Sicilia e di Puglia presso la Basilica Vaticana nell’Epifania del 1266, giuntigli dalla Francia poderosi rinforzi di truppe, il giorno 20 dello stesso mese l’Angioino marciava alla conquista del desiderato Regno. Ceprano ne era la porta principale, ma tu facilmente oltrepassata, perché, i baroni pugliesi postivi a guardia, non la difesero.
Cosi Carlo d’Angiò, favorito dall’infedeltà che serpeggiava tra i regnicoli, avanzò sin presso Benevento e precisamente fra Scafati e San Marco.

Quivi, scontratosi col grosso dell’esercito di Manfredi, mosse a battaglia con esso e, dopo accanito combattimento, lo sgominò. Quando Manfredi vide infaustamente tramontare la sua stella, si gettò nella mischia e, qual novello Leonida, cadde da prode. Era il 26 febbraio 1266; quella data segnava in Italia la fine della dominazione sveva e l’inizio di quella angioina.

Testi a cura del prof. Aulo Colucci 

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