Roccavivi appartiene geograficamente da molto tempo a Valle Roveto; solo per un breve periodo della sua storia fece parte della Contea di Sora. In un lontano documento dell’Archivio Caetani cosi leggiamo: “… ecclesiarum Sancti Pauli et Sancti Stephani sitarum Roccae de Vivo in Valle Urbeti “. Il nome del paese in alcune memorie storiche è Rocca de’ Vivo, in altre è Rocca Vivorum. I primi accenni a Roccavivi risalgono al principio del secolo XII; poi il suo nome viene consacrato nel famoso Catalogo dei Baroni del 1173, ordinato sotto Guglielmo il Normanno.
Il paese aveva allora circa 250 abitanti. Nel 1208 però venne a far parte improvvisamente della Contea di Sora, concessa al fratello Riccardo, dei conti di Segni, da Papa Innocenzo III; ma solo per poco tempo. Onorio III ordinò nel 1218 ad Adenolfo di Alvito e a Ruggero di Aquino di restituire a Riccardo la terra di Aocca Rivi Uivi, che essi avevano violentemente saccheggiata. Appare da questo ordine pontificio che i due potenti signori l’avevano usurpata e devastata. Ma già prima di questo anno, cioè il giorno 11 ottobre del 1215, aveva l’imperatore Federico II riconfermato a Riccardo tutti i diritti di cui egli godeva a Rocca de’ Vivo dal tempo della nomina fatta in suo favore da Papa Innocenzo III. Ora nel documento di Onorio III la denominazione consueta del
paese presenta un cambiamento; invece di Rocca de’ Vivo o Rocca Vivorum abbiamo Rocca Rivi Vivi. Non è tuttavia la prima volta. Infatti, il Gattola riporta la donazione che Gentile, figlio del conte Balduino, fece nel 1089 al Monastero benedettino di Luco delle chiese di S. Nicola in Valle Sorana (Balsorano), di S. Stefano in Rivo Vivo, di S. Restituta e di S. Maria in Morrei (Morrea), e di S. Maria in Collelongo.
La donazione si trova nel famoso Regesto pergamenaceo del benedettino Pietro Diacono, a pag. 229, num. 541. Vi si dice che Gentile, con i due nepoti Trasmondo e Berardo, e con la matrigna Altruda, abitanti di Vallesorana (Balsorano), concedeva, nel maggio del 1089, al Monastero di S. Maria di Luco, soggetto a Monte Cassino, di cui Abate era in quel tempo Oderisio, tra le altre chiese, anche la chiesa di S. Stefano, posta nel territorio di Castro Rio Vivo. E che Castro Rio Vivo o Rivo Vivo siano una stessa cosa con Roccavivi è dimostrato dal fatto che in prosieguo di tempo, quando nacquero contestazioni tra il Monastero di Luco e le chiese della donazione del 1089, non si parlava più di S. Stefano Rivi Vivi o di Castro Rio vivo, ma di S. Stefano in Rocca de’ Vivo. Non c’è da dubitare: il Castro Rio Vivo o la località Rivi Vivi non sono altro che Rocca Rivi Vivi di Onorio III, divenuta più tardi Rocca’ de’ Vivo, più tardi ancora Rocca Vivorum, e infine, italianizzata, Roccavivi.
La denominazione Santi Stephani in Rivo Vivo si trova anche nel diploma di Lotario III Imperatore, del 22 settembre 1137. Con il documento del 1089 Roccavivi fa un altro balzo indietro e il suo nome risale cosi alla fine del secolo XI. Ma perché fu chiamata cosi Roccavivi? Forse perché l’antichissimo primitivo paese fu attraversato dalle acque precipitose della montagna, cioè dalle acque vive di un ruscello, che in latino era Rivo e poi, trasformato, divenne Rio. Tutto può essere avvenuto col tempo. Accettata questa ultima spiegazione, cadrebbe da sé l’altra opinione, che molti ritennero probabile, quella che il nome del paese accenni ad abitanti superstiti, rimasti vivi, dopo una sciagura a noi rimasta sconosciuta. Tornerà fra poco sull’argomento. Quando si trattò di restaurare Rocca de’ Vivo distrutta durante il secolo XIII, come è detto altrove in questo studio storico, gli abitanti del paese, assieme a quelli di S. Paolo e di S. Giovanni de Collibus, furono obbligati a farlo per disposizione imperiale. Da questa ultima notizia deduciamo che attorno alla chiesa di S. Paolo si trovava anche un gruppo di case.
Nel 1272, era di stanza nel passo di Rocca de’ Vivo, come in altre località, per volere di Carlo d’Angiò, un regio custode per l’esazione delle gabelle fuori del Regno. Ad ogni modo fu Roccavivi, come lo fu Capistrello e qualche volta lo furono anche Civitella Roveto, Pescocanale e Canistro, un posto di controllo per coloro che dal Regno di Napoli passavano allo Stato della Chiesa. Era il noto Vado di Rocca de’ Vivi. In tempi posteriori, più vicini a noi, prima della proclamazione del Regno d’Italia, con sede a Roma, i paesi della Valle Roveto che facevano da posti di dogana ai confini tra lo Stato Pontificio e quello Italiano erano ancora Canistro e Roccavivi. Per quanto tempo rimase Roccavivi nella Contea di Sora? Non ci risulta con chiarezza, ma io ritengo che già nel secolo XIV Roccavivi appartenesse alla Contea d’Albe. Alla fine del secolo XV, come tutti i paesi di Valle Roveto, ad eccezione di Balsorano e di Morrea con i suoi Casali (S. Vincenzo, S. Giovanni e Castronovo), anche Roccavivi divenne un feudo dei Colonna.
Negli ultimi secoli, prima del 1806, fu Roccavivi Università, cioè Comune autonomo. Nel 1600, una valanga oppresse schiacciandolo l’antico paese, costruito molto più in alto del paese che noi oggi conosciamo, seppellendo molti dei suoi abitanti. Subito dopo il principe Filippo Colonna ordinò di ricostruire il paese in altro luogo, più vicino al fondo della valle e con nuovo criterio: infatti è tagliato in due il paese da una via centrale, intersecata trasversalmente da vicoli diritti, in leggera discesa. Con l’avvento al Regno di Napoli di Giuseppe Napoleone prima e di Gioacchino Murat dopo, Roccavivi fu aggregata assieme a Rendinara al Comune centrale di Balsorano. Il Decurionato, di cui facevano parte anche cittadini eletti di Roccavivi, si riunivano per le più importanti questioni a Balsorano.
Prima della unione al Comune di Balsorano, gli amministratori del Comune di Roccavivi si eleggevano ” a cartelle ” ed erano i massari, come in quasi tutti i paesi di Valle Roveto. Dal 1816 ad oggi Roccavivi è la frazione più importante del Comune di S. Vincenzo Valleroveto. Il Catasto fu terminato, dopo l’ordine del Re Carlo III del 1741, soltanto nel 1748. Roccavivi ebbe 255 abitanti ai tempi di Carlo V, 275 nel 1595, 150 nel 1648, 350 nel 1669, 353 nel 1779, 510 nel 1806, 797 nel 1838, 1157 nel 1931, 1277 nel 1951, 1215 nel 1961. Per errore fu Roccavivi qualche volta chiamata Rocca de vino. Ed ora perché il suo primo nome a Roccavivi, cioè quello di Rocca? Non credo che ci si debba troppo affaticare il cervello per spiegarne il significato. Il paese primitivo era lassù come una rocca, come una fortezza, e la rocca è l’arx romana, che domina dalle alture, dai valichi, dalle falde dei monti.
Perciò è facile pensare che il paese, per la sua posizione privilegiata, fu costruito presso una rocca isolata e prese il nome da essa. Non sono d’accordo poi con quanti ritengono che a Rocca sia stato aggiunto de’ Vivo o dei Vivi, non dico dopo la valanga del 1600, quasi ad indicare i superstiti della sciagura (e sarebbe un anacronismo storico), ma neppure molto tempo prima, anche se vogliamo presumere altra sciagura, abbattutasi sul paese in epoche remote. Sullo stemma di Roccavivi appare, appoggiata su una base conica tronca, una torre, come una colonna, a ricordo della dominazione Colonnese. Ai piedi della base conica e della torre si apre una porta; sulla base e sulla porta si osservano due costruzioni circolari. Attorno allo stemma si legge: Rocca de Vivi. Esso è stato ripreso nell’Archivio di Stato di Napoli, Azione Amministrativa, dal Catasto Onciario, vol. n. 3103 dell’anno 1748. L’altitudine di Roccavivi è di m. 460.
A distanza di 366 anni, Roccavivi ricorda ancora l’antico paese, travolto dalla furia improvvisa e spietata della valanga. Lassù, ove ancora affiorano dei ruderi, si recano i roccavivesi il 2 luglio di ogni anno, ad onorare la Madonna delle Grazie, come per riunire alle presenti generazioni quella generazione lontana del 1600, sepolta da una sciagura senza nome. Cosi si tramanda di padre in figlio il ricordo di una triste giornata, che servi a temprare il carattere dei superstiti e a dare: la speranza nella prossima risurrezione di un popolo, che sempre amo la sua terra.
Molti si dedicano alla pastorizia; i campi sono abbastanza fertili e l’olio prodotto dagli oliveti è abbondante e squisito. Tra le tradizioni ormai vecchie ma sempre seguite dai roccavivesi resta ancora quella di passare la notte dal dieci all’undici agosto di ogni anno, per la festa di S. Gerardo, nella chiesa della Madonna delle Grazie, a metà percorso della via che porta al Castello di Sora; si arriva lassù per una comoda scalinata di pietra a diverse rampe. I roccavivesi che vi si recano nella sera del 10, dopo aver consumato all’aperto le provviste portate da casa, passano la notte in chiesa cantando, e la mattina dell’11, terminate le funzioni religiose, scendono a Sora per tornare in giornata nel loro paese. Al Km. 40+ 100 della 82 c’è il bivio per Roccavivi: una comoda strada di Km. 2+ 350 allaccia il paese alla Nazionale. La strada che unisce Roccavivi alla Nazionale fu aperta al pubblico nel 1928.
Dal 1965 Roccavivi è collegata direttamente anche col capoluogo, S. Vincenzo Valleroveto, da una carrozzabile di circa 2 chilometri, costruita con fondi della Cassa per il Mezzogiorno. E sviluppato in paese l’artigianato per la lavorazione artistica del rame e del legno: sono i mobili abruzzesi, fatti a mano, ad incasso. Per la macinazione delle olive si servono gli abitanti di Roccavivi di tre frantoi elettrici. Esistono poi due mulini. I caduti di Roccavivi nella prima guerra mondiale furono 16, nella seconda 3; i civili morti nella seconda furono 6. La fermata del treno al bivio di Roccavivi risale al primo gennaio del 1959. Il terremoto del 1915, che pure danneggiò gravemente molte abitazioni, fortunatamente non causò vittime fra la popolazione. Roccavivi è l’unico paese della Valle Roveto che ancora resta di più attaccato alla sua terra. Anche se molti si allontanano per motivi di lavoro tornano poi sempre a casa, perché difficilmente lasciano intere famiglie il proprio paese e perché in tutti c’è sempre la nostalgia della patria. Ecco la ragione perché solo a Roccavivi non si è avvertito o è stato meno accentuato il calo pauroso della popolazione, come invece è avvenuto un po’ dappertutto dopo la fine della seconda guerra mondiale nei paesi di Valle Roveto.
Testi tratti dal libro Valle Roveto nella geografia e nella storia
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