Comune di Scurcola Marsicana

Se da un lato la committenza angioina e il forte legame storico hanno costituito il tramite grazie al quale – attraverso gli Atti della Cancelleria di Napoli è pervenuta una quantità di documenti tale da permettere di ricostruire fasi e caratteristiche della costruzione di S. Maria della Vittoria dall’altro hanno orientato per molto tempo l’interesse verso il monumenti in campo soprattutto storico, tralasciando l’aspetto più specificamente artistico.
Ciò è dovuto senz’altro anche al fatto che l’abbazia ebbe breve vita essendo danneggiata da guerre e terremoti e abbandonata dai monaci già alla fine del XV secolo. Unica eccezione è costituita dall’attribuzione vasariana a Nicola Pisano che priva di conferme documentarie e concrete – nella prima metà del 500 Leandro Alberti riferisce “rovinata la chiesa col monastero” non ha trovato seguito. Nella seconda metà del ‘700, uno studio più ampio, ma scaturito da una controversia patrimoniale con i Colonna e quindi ricco di documenti relativi alle vicende del patrimonio monastico dopo la morte di Carlo d’Angiò, è dovuto ad Aloi che non si occupò, comunque, della costruzione.

Le stesse scarse indicazioni a volte arricchite da notizie inesatte o frutto di leggende, si ripetono nelle opere storiche ed ecclesiastiche fino a quando nella seconda metà dell’800 Schulz ha pubblicato una prima raccolta di documenti dai quali ha tratto una ricostruzione più dettagliata delle vicende del cantiere inserita per la prima volta nel contesto di un’opera sull’architettura medievale in Italia. L’acquisizione di queste notizie non ha avuto eco nelle pubblicazioni successive, mere ripetizioni dei dati già noti, con l’aggiunta, nel caso dello studio di Janauschek sulle origini cistercensi, della prima raccolta bibliografica relativa all’abbazia.

E’ Enlart a sottolineare per primo l’importanza della costruzione di S. Maria della Vittoria, con gli altri edifici eretti da Carlo d’Angiò per i quali è documentata l’attività di maestranze francesi, come momento d’ingresso dell’architettura gotica nel Mezzogiorno d’Italia. Lo stato di rovina e la mancanza di una pianta dell’abbazia, non hanno consentito allo studioso francese, che data erroneamente la fondazione al 1266, di analizzare più a fondo il monumento ma solo di riconoscere “lo stile francese di quest’epoca” in un portale della chiesa di Scurcola.

I mezzi per affrontare una trattazione più concreta dei caratteri architettonici dell’edificio furono forniti dai rilievi e dagli scavi dell’area monumentale scurcolana condotti nel 900 a cura del Ministero della Pubblica Istruzione, i cui risultati furono resi noti nel 1903 con la pubblicazione della relazione del direttore dell’Ufficio tecnico De Angelis e da uno scritto di Fiocca. Le strutture monastiche, che non furono oggetto dell’indagine archeologica, sono state rese in pianta in modo sommario ed inesatto; più preciso è invece il rilievo della chiesa definita “a croce latina con tre navi, di stile monastico improntato al gotico, ma parco di intagli nelle decorazioni” e affine a Fossanova.

La documentazione grafica e quella fotografica relativa a frammenti scultorei rinvenuti durante gli scavi ma oggi scomparsi, costituiscono l’aspetto più prezioso di questi contributi il cui scarso valore scientifico ha prodotto confusione ed equivoci. Se dal punto di vista storico De Angelis e Fiocca si sono limitati alle solite notizie tramandate dagli storici locali, l’analisi artistica tentata soprattutto da Fiocca non manca di aspetti sconcertanti.

In sostanza, secondo la sua opinione, l’architettura dell’abbazia risente “per un’impronta affatto locale di decorazione architettonica” da quella dei principi angioini di Napoli, mentre unico ricordo “della scuola di Fossanova” è nel “disegno del tutto francese del XIV secolo” del portale della chiesa di S. Maria della Vittoria; quindi, contestando la tesi di Enlart sul carattere francese dell’architettura cistercense italiana, propone una ricostruzione della pianta della chiesa con il campanile in facciata basata sugli esempi di Lucera e S. Martino al Cimino. Negli anni successivi, Bertaux ha dedicato uno studio specifico, corredato da numerose fonti documentarie, agli artisti francesi attivi presso la corte angioina di Napoli. Analizzando le abbazie cistercensi di Scurcola e Scafati, pur affermando sulla base dell’evidenza documentaria che in esse “tout etait francais”, ritiene che nel disegnare la pianta e nel dirigere i lavori, gli architetti laici francesi di Carlo d ‘Angiò, per preciso volere del re, imitarono i modelli di Fossanova e Casamari, monasteri costruiti durante la giovinezza di Federico II.

Carattere unico e ormai irripetibile ha la ricerca dedicata all’abbazia da Egidi che ha avuto modo di analizzare i registri angioini prima della loro distruzione recuperando più di trecento documenti relativi a S. Maria della Vittoria durante il solo regno di Carlo 1. Con estremo rigore scientifico Io studioso ha approfondito tutti gli aspetti della fondazione, analizzando anche la situazione economica e i sistemi che regolavano le costruzioni della Curia angioina; le vicende dell’abbazia fino ai Vespri Siciliani e I ‘entità del patrimonio donato da Carlo D’Angiò ai monaci cistercensi sono stati ricostruiti con minuzia e ricchezza di particolari, ma soprattutto è di lì posto l’accento sul compito economico e politico assegnato al “feudo monastico” e ha individuato per la prima volta, nel coro dell’abbazia di Citeaux, il referente diretto per la pianta di S. Maria della Vittoria.

Lo stato degli studi sull’architettura cistercense e angioina ha avuto un notevole contributo dall’opera di Wagner-Rieger dove le due abbazie fondate da Carlo d ‘Angiò hanno trovato giusta considerazione: in particolare S. Maria della Vittoria è stata posta in relazione con la ricostruzione della pianta del duomo di Siena precedente l’ampliamento del 317, il cosiddetto duomo di Siena I. Tra le proposte di ricostruzione Wagner-Rieger ritiene preferibile, rispetto alla soluzione di Lusini, quella di Carli che, per la concordanza con il recupero delle costruzioni e l’interpretazione dei documenti, ipotizza per il primitivo duomo senese un tipo di coro a terminazione rettilinea di cui S. Maria della Vittoria, eretta dopo che il Duomo di Siena I era già ampiamente concluso, costituisce in Italia unico esempio cistercense.
Successivamente, occupandosi in particolare del coro della chiesa di S. Lorenzo Maggiore a Napoli, nel quadro delle imprese edilizie patrocinate dai primi sovrani angioini, la studiosa austriaca ha analizzato a fondo i collegamenti tra questa fondazione e le due abbazie cistercensi individuando, per la pianta della chiesa scurcolana, rapporti con Clairvaux Il, Fontainjean e lo schema di chiesa cistercense del Taccuino di Villard de Honnecourt.

Per la soluzione piatta del coro, ha invece ribadito l’ipotesi di precedenti nell’architettura locale italiana, particolarmente nel Duomo di Siena, trasmessi attraverso l’influenza di Casamari, escludendo così S. Maria della Vittoria dalla relazione con S. Lorenzo Maggiore, il cui coro deriverebbe, tramite Realvalle, da quello di Royaumont. Per comprendere a pieno l’architettura legata a Carlo d ‘Angiò fondamentale è l’analisi compiuta da Branner sui caratteri e i monumenti relativi allo stile artistico della corte di Luigi IX al quale, secondo lo studioso, il fratello Carlo si rifece direttamente nel fondare in Italia le due abbazie cistercensi che dovevano essere contemporaneamente celebrazione della sua vittoria e simboli del dominio francese nel regno di Sicilia.

S. Maria della Vittoria ha trovato una trattazione anche nei contributi di Bologna, Sabatini e Calò Mariani sul problema della continuità della tradizione sveva in quella angioina nei suoi due diversi aspetti: quello relativo alle modifiche apportate alle costruzioni degli Hohenstaufen nell’italia meridionale e l’altro, particolarmente importante per Realvalle, relativo alla collaborazione, nei cantieri angioini, di personaggi francesi e di artisti, quali Riccardo da Foggia, formatisi nella tradizione sveva. Un completo aggiornamento della situazione storico-critica sull’abbazia scurcolana è stato compiuto da Venditti; Moretti le ha dedicato invece solo una breve scheda nel quadro dell’architettura medievale in Abruzzo. Il caso della Vittoria è stato citato anche tra le comunità cistercensi abruzzesi, delle quali Buratti, Civita e Mezzanotte hanno studiato in particolare l’attività economica.

Alla funzione svolta da quella diramazione dello stile rayonnant rappresentata in Italia dall’arte angioina quale tramite diretto per la trasmissione del Court Style di Luigi IX, ha posto particolare accento Romanini in relazione alla formazione di Arnolfo di Cambio per il quale i cantieri cistercensi angioini della Vittoria e Realvalle potrebbero aver costituito fondamentale punto di partenza. Nella stessa linea si muovono gli studi di Righetti Tosti-Croce sull’architettura della seconda metà del ‘200 a Roma dove, sulla base della forte tradizione locale, ha individuato l’influsso portato dalle maestranze transalpine giunte al seguito di Carlo I e dei pontefici francesi.
In particolar modo Righetti Tosti-Croce ha accennato alle due abbazie quale diretto referente per la Cappella di S. Nicola a Capo di Bove che mostra evidenti influssi di matrice angioina e ancora, recentemente, nella trattazione globale dell’architettura degli Angiò in Italia meridionale, contributo che costituisce un importante aggiornamento sullo stato degli studi. Un’impostazione essenzialmente storico-culturale distingue la più recente pubblicazione su S. Maria della Vittoria dovuta a Bruzelius, che ha messo a fuoco le motivazioni politiche e dinastiche che furono alla base della fondazione, ma il cui significato dal punto di vista artistico, è analizzato solo per la scelta del gotico rayonnant con valore di gesto programmatico.

Testi a cura di Maria Isabella Pesce

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