Alle nicchie votive e sempre congiunta una pietà, che a sua volta raccoglie e traduce il sentimento religioso, gli atteggiamenti psicologici, i toni affettivi e devozionali diffusi nel nostro paese, alimentati non solo da maestri spirituali di profonda fede cristiana, da figure o da gruppi di devoti e di mistici, ma da eventi eccezionali che agitano o inquietano la sensibilità collettiva e la spingono a una ricorrente domanda del sacro. Il che vuol dire che le nicchie hanno bisogno di essere considerate non solo in se stesse, ossia con attenzione esclusiva al loro significato storico-artistico, ma in rapporto a quella vasta rete di sentimenti e di oggetti religiosi che vi sono inestricabilmente connessi.
Ricollegare la storia delle nicchie votive civitellesi all’evoluzione del tessuto urbano e al vissuto religioso, porta a due profonde considerazioni. Rispetto a una immagine posta in chiesa, la nicchia di strada ha evidentemente un altro significato. In chiesa l’immagine sacra assume un valore ufficiale, le viene assicurato un culto ordinato, secondo il calendario liturgico con precise scadenze, beneficia di una custodia e controllo da parte del clero. La nicchia, che pur colloca magari la stessa immagine sacra, risente di una spontaneità e improvvisazione della gente: singoli devoti che per una ragione religiosa che li ha colpiti decidono di erigere un simulacro su una strada in un luogo protetto, ma anche sempre ben visibile, quasi a sottolineare una continuità tra la sfera del sacro e lo scenario della sua vita quotidiana. Sono questi fattori a far capire come e stata vissuta dai civitellesi la pietà delle immagini. Risalendo negli ambienti civitellesi del ‘700-800 e parte del ‘900, i nostri antenati, soprattutto i ceti di più umile estrazione, si incontrano con le immagini sacre e vengono educati a comprendere il linguaggio e le possibilità spirituali; quindi la gente anonima e di modeste condizioni ha avuto una prevalenza.
Si ha l’impressione che la pietà delle immagini sia soprattutto la pietà dei poveri, di quella fascia di persone che svolgono i servizi più umili o addirittura degli emarginati. Nel tutto, sotto la prudenza della formula canonica, si intuiscono le smagliature di una devozione, ma anche l’intensa ricerca del sacro, il diffuso desiderio di mettersi sotto la protezione di una immagine sacra. In conclusione, ciò che nutre e determina il fenomeno delle nicchie votive sono quelle dimensioni strettamente connesse fra loro: la pietà, la suggestione del tema iconografico, la condizione esistenziale e paesana dei devoti che cercano un loro spazio all’interno della comunità; un patrimonio del paese, in sostanza, da conservare gelosamente tra le cose più care. Le nicchie sono dedicate alla Madonna o ad altre immagini sacre, con una ricorrenza che testimonia la familiarità che certe figure religiose sono andate acquisendo a livello subalterno.
Questo rapporto con il divino, caratteristico della religione popolare, viene quindi dalla esperienza di vita fino a divenire arte di per una struttura gerarchica di potere, al cui vertice si trova Dio. A Lui ci si rivolge soltanto tramite una mediazione. Pertanto e solo attraverso la figura mediatrice che instaura il rapporto con il divino; mediatrice per eccellenza e la Madonna, in quanto figura materna. Il culto mariano, é diffusissimo; le varie figure della Madonna finiscono con il vivere ognuna di vita propria in virtù del loro potere e del rapporto che si instaura tra il fedele ed esse. Infatti, nella convinzione popolare “le Madonne” sono tra loro sorelle cui rivolgersi secondo una scelta psicologica.
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