Tra i prigionieri fuggiti dal campo di Avezzano c’erano anche due ufficiali inglesi, Dutton Douglas e Spet Albert, che giunsero il 28 settembre e furono ospitati presso una famiglia nel centro del paese. Da un attestato, rilasciato a don Savino dal suddetto Dutton Douglas, apprendiamo che egli decise di rimanere a Morrea per collaborare col comitato e facilitare i rapporti con i prigionieri indiani, conoscendo egli molto bene non solo la lingua italiana, ma anche quella indostana (10).
Prima dell’8 settembre furono visti aggirarsi tra le montagne di Morrea cinque soldati indiani, anch’essi fuggiti dal campo di Avezzano. Era il febbraio del 1943. Don Savino ed alcuni giovani del paese li contattarono e si prodigarono in tutti i modi per rendere meno disagevole la loro condizione di vita. Avevano dovuto interrompere la fuga perché uno di loro, di nome Havildar Parsad Limbu (11), era seriamente malato e debilitato. In quegli stessi giorni, mi raccontava personalmente don Savino, giunse in paese un altro soldato fuggiasco, che si presentò col nome di Giovanni e diceva di essere un medico inglese fuggito anche lui dal campo di Avezzano.
Don Savino in buona fede lo indirizzò alla grotta dell’indiano malato perché gli prestasse tutte le cure possibili e perché gli facesse da interprete per confortare il malato, che si era dimostrato desideroso di conoscere la fede cristiana. Il giovane Limbu si aggravò sempre di più, ed allora fu trasportato in un vecchio frantoio dove veniva amorevolmente assistito da alcune donne del paese. Giunto agli estremi fu chiamato di corsa il parroco perché assistesse il moribondo. I cinque amici indiani dissero che il giovane malato aveva espresso il desiderio di farsi cristiano, ed allora don Savino non esitò un istante a conferirgli il battesimo col nome di Antonio. Il giovane lo guardò, sorrise e spirò fra le sue braccia.
Rimane esposto in quel frantoio come in una camera ardente, vegliato dai commilitoni, dalla buona gente di Morrea e da altri prigionieri indiani, sparsi sulle montagne circostanti, che venivano alla spicciolata a rendere omaggio alla salma. Il giorno successivo fu portato in chiesa, dove fu celebrata una S. Messa e quindi fu sepolto nel cimitero di Morrea. Era il 4 febbraio 1943. Quel giorno, mi diceva don Savino, non si vide nei dintorni nessuna pattuglia tedesca (12).
L’agguato invece scattò il 21 marzo del 1944 con l’impiego di cinque compagnie di soldati armati al comando di un rozzo ed implacabile ufficiale. Nonostante la sorpresa dell’accerchiamento e dell’assalto, i prigionieri ospiti delle famiglie riuscirono a calarsi nei pozzi già preparati o nelle grotte del sottosuolo o a disperdersi tra i monti. Furono invece presi prigionieri i quattro membri del comitato. Quel tale pseudo medico Giovanni, ora in camicia nera e con atteggiamento cinico e beffardo, era accanto all’uf5ciale tedesco con un mitra tra le mani. Il traditore aveva guidato con precisione le pattuglie nelle case dei membri del comitato, che furono presi, insultati e maltrattati.
Note
10. COPIA DEL DOCUMENTO INGLESE IN POSSESSO DEL PRETE ITALIANO DI MORREA. Noi arriviamo a Morrea il 28/9/43, dopo aver avuto un colloquio con Savino Orsini, Testa Giuseppe, Casalvieri Pietro, Gemmiti Antonio. Poiché il loro piano era quello di accogliere i prigionieri di guerra ed anche soldati italiani desiderosi di raggiungere le truppe alleate, ed essendo io in grado di parlare l’italiano e l’indostano, pensai che fosse una buona decisione quella di rimanere per dare una mano di aiuto ai prigionieri inglesi ed italiani. Questi hanno organizzato le cose in modo meraviglioso in questo villaggio, provvedendo cibo, alloggio, vestiti, calzature ecc., per i prigionieri. Tutti quelli che desideravano restare nel villaggio sono stati provvisti. Sono state messe sentinelle per la sicurezza dei prigionieri, come pure delle guide per un numero di “Senior Ranks”. Senza l’assistenza e le informazioni ricevute dalle suddette persone, io sono certo che sarebbe stato impossibile accogliere nessun prigioniero che passava nella Valle di Roveto. Essi mi hanno fornito anche utili informazioni militari che sono state affidate ai prigionieri di passaggio. Anche il prete ha abbastanza prove di tutto questo. Le suddette persone non chiedono alcuna ricompensa per quello che si sono meritato per il loro grande lavoro; desiderano che tutto sia distribuito alla gente del villaggio da loro conosciuta. Io spero sinceramente che questo sia fatto perché è veramente ben meritato. Douglas Dutton 7. 884429 28th Fld Regt R.A. A Ispecd 1640134. 68th Reg. H.A.A.
11. Soldato britannico dell’India. matricola 6535.
12. Non appena giunsero gli alleati, il parroco segnalò il caso al Comando Indiano, insediato ad Arce, che mando subito una pattuglia di soldati. Questi raggiunsero Morrea, sistemarono i resti mortali del defunto in un sacco di tela impermeabile e quindi, accompagnati da don Savino, ridiscesero a valle attraverso un tratturo. Deposero il feretro sopra una camionetta militare e lo trasportarono a Cassino, dove t’u sepolto nel cimitero.
Testi tratti dal libro Giuseppe Testa 1924-1944
Testi a cura di Mario Martini
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