I primi segni del risveglio sessuale della pecore e delle capre mancava una settimana alla fine di ottobre consigliarono il rientro anticipato delle morre ed il loro scioglimento. Nella stagione che stava per terminare la produzione del formaggio superò tutti i massimi precedenti. Il codice “Iacuìtt”, già conosciuto e applicato nei paesi circostanti, si diffuse in ogni dove e, da tutte le parti, i pastori venivano per consigli e suggerimenti.
La rimessa di Iacuìtt dovette essere, ancora una volta, ampliata in quanto i suoi armenti erano aumentati di molto. Egli, ora che era tornato in paese, dedicava molto del suo tempo a Maria, la quale, man mano, andava riacquistando la serenità perduta, ma ogni qual volta gli riusciva di fare la scappatella, si incontrava con Grazia. Ciò succedeva quando, per motivi inesistenti, ma fatti passare alla moglie come urgenti, andava a dormire nella rimessa. Anche Grazia si era adattata a questa situazione, ma non disdegnava di farsi notare, ogni tanto, insieme con il castaldo. Tra questi e Grazia si era instaurata un’amicizia sincera ed innocente; certamente il castaldo, standole vicino, notava il corpo di lei il quale, contrariamente a quello di altre donne, fasciato da indumenti aderenti e leggeri, suscitava brame di possesso e su quel corpo il marchigiano faceva dei propositi non del tutto casti e gli stessi pensierini li faceva la ragazza osservando il fisico, il modo di comportarsi, gli occhi profondi e neri, la sicurezza e la gentilezza del giovane.
Maria è vero che aveva riacquistato un po’ di pace, ma i proponimenti su una vita insieme con il castaldo riaffioravano spesso nella sua mente. Quel bacio improvviso le era rimasto impresso sulla bocca come l’edera sulla pianta e molto volentieri si passava delicatamente una mano sulle labbra come per accertarsi che non si era trattato di un sogno. Il fatto che l’ultimo giorno del mese d’ottobre doveva recarsi a festeggiare la ricorrenza del suo matrimonio al castello, la mise in apprensione in quanto, se era vero che nella circostanza avrebbe potuto guardare a suo piacimento il castaldo, era altrettanto vero che avrebbe potuto incrociare anche qualche occhiata indagatrice di suo marito, tutt’altro che sprovveduto, mettendo in tal modo a nudo ciò che lei voleva tenere assolutamente nascosto.
L’orgoglio ebbe il sopravvento allorché Maria dovette prepararsi per la festa; i suoi lunghi e neri capelli, accuratamente lavati, li lasciò cadere, sciolti, sulle spalle. Indossò un vestito assai chiaro, scollato che lasciava scoperta buona parte dei seni, i quali, seppure usati per l’allattamento del bambino, conservavano intatte le belle fattezze. Curò molto anche il suo viso ed in particolare gli occhi che emanavano una luce dolce e deliziosa, mentre la collana di perle dava notevole risalto all’esile collo sfilato. Iacuìtt, invece, mise nuovamente l’abito nero da sposo e a mezzogiorno, insieme con la moglie, i familiari e alcuni dei pastori invitati, fece l’ingresso al portone del castello, dove era in attesa il castaldo insieme con Grazia, venuta in sostituzione del padre.
In piedi come in chiesa, quando il predicatore famoso, venuto da lontano, faceva il panegirico alla festa del santo patrono, così stavano Iacuìtt e gli altri ospiti nel salone delle feste, dove il castaldo aveva fatto imbandire la grande tavolata per il pranzo. L’arrivo del barone e della baronessa li intimidì in modo tale che essi parevano delle statue buffe e grottesche. Dopo che i nobili si furono accomodati, il castaldo dette ordine di avvicinarsi alla tavola.
Accanto al barone prese posto Iacuìtt e a fianco della baronessa fu fatta accomodare Maria; poi il castaldo si sedette vicino a Iacuìtt, mentre Grazia, timidamente, andò ad occupare il posto vicino al castaldo. Infine, badando a non far rumore con le sedie ed in punta di piedi, tutti gli altri pastori presero posto.
I loro sguardi erano attratti ora dalla severa figura del barone ed ora dall’austero e bel viso della baronessa; spaziavano, poi, dal maestoso ed imponente camino fino al soffitto e alle pareti dell’immenso salone decorate con variopinti affreschi. Annusavano il ricco profumo delle spezie adoperate per la cottura delle vivande; ammiravano il lucente vasellame, le stoviglie e l’orologio a pendolo, racchiuso nel suo mobile antico e lucidato. Man mano, nel salone, andava diffondendosi il caratteristico e penetrante odore di letame, portato addosso dai pastori ospiti, che dava un senso di gradimento al barone ed una percezione di fastidio, seppure sopportabile, alla baronessa.
Tra ognuno di loro e la tavola vi era almeno un metro di distanza, in quanto accostarsi troppo pensavano potesse risultare sconveniente agli occhi del barone; questo fatto, all’inizio delle consumazioni, provocò disagi a loro ed anche qualche danno alla tavola imbandita.
Accortosi dell’inconveniente, il barone, facendo finta di avvicinarsi al desco, invitò tutti ad imitarlo con il risultato che questi pastori si ritrovarono con ambedue i gomiti appoggiati sul tavolo. Con gli occhi bassi, incominciarono ad assaggiare le prime portate, guardando, ognuno, le mani dell’altro, in modo da studiare la presa delle posate, ma, più volte, il barone li invitò a mangiare secondo le proprie, rispettive, abitudini. Rassicurati da così autorevole consenso, questi cristiani, come liberati da un peso opprimente, si dettero a mangiare e a bere con gran frastuono e allegria non disdegnando, anche, grosse bevute di vino nei calici ripieni fino all’orlo.
A circa metà del pranzo, seduto tra la baronessa e Iacuìtt, il barone incominciò ad allungare il collo per rivolgere qualche parola a Maria e a Grazia nelle quali aveva notato, sin dal primo momento, due fresche bellezze, non comuni né tra le abitudinarie frequentatrici del castello né in tutto il paese.
Sapeva che Maria era la moglie di Iacuìtt ma nulla gli era noto sulla presenza dell’altra ragazza per cui si rivolse a Iacuìtt, dicendo: Quella bella figliola seduta accanto al castaldo chi è? Sarà, forse, una tua parente? Colto alquanto di sorpresa, il giovane, arrossendo leggermente, rispose: Eh, signor barone quella lì è la figlia di un altro capomorra, ed essendo costui assai anziano, manda lei a sostituirlo in ogni circostanza. È una gran brava ragazza e molto assennata…
E assai appetitosa! lo interruppe il nobile, facendogli l’occhiolino Mi piacerebbe conoscerla più da vicino; ora, con la scusa che dobbiamo parlare di questioni relative agli armenti sistemati nelle rimesse indicando la baronessa e Maria noi quattro ci allontaniamo un poco e mentre tu ti fermi, poi, con loro, io torno a sedermi a tavola. La mia è una semplice curiosità! e così dicendo invitò le due signore ad alzarsi per seguirlo, con Iacuìtt, nella cappellina a lato. Questa proposta bizzarra conturbò un poco Iacuìtt anche perché aveva notato che la ragazza, fin dall’inizio, non faceva che parlare e scherzare con il castaldo. E il motivo della contentezza di Grazia era dovuto al fatto che aveva chiarito con il castaldo la provenienza della collana che portava al collo. Alla domanda di spiegazioni, ella gli rispose con tanto candore e sincerità: La raccolsi per terra quando tu, incespicando, cadesti quella sera, non te lo ricordi? Mi piacque immensamente e, pensando che tu la potessi regalare a qualcun’altra, me ne impossessai! Il castaldo la perdonò e tutti finì lì.
Iacuìtt si affiancò alla sinistra del barone, proponendogli di far intervenire all’incontro anche il castaldo, mentre la baronessa, messasi sottobraccio a Maria, propose a costei di fare una passeggiata in cima alla torre per dar modo al suo stomaco di digerire più facilmente ciò che aveva mangiato. Le disse: Ho qualche disturbo al fegato e non vorrei farlo affaticare troppo!
Il nobile fece, quindi, cenno al castaldo di seguirlo ed entrati nella cappellina, disse a Iacuìtt: Esponi, in tutti i dettagli, come intendi sistemare per bene i miei armenti per il periodo invernale, hai il mio avallo per qualsiasi soluzione vorrai adottare; ho preferito che la questione venga definita non in presenza di mia moglie, alla quale arreca enorme fastidio sentir parlare dei miei affari!
Andò, poi a prendere nuovamente posto alla tavola, sedendosi accanto a Grazia alla quale si presentò con queste parole: Sono il barone Ferdinando Piccolomini, signore di queste terre e desidererei scambiare qualche parola con questa bella ragazza che non ho il piacere di conoscere!
La giovane, accendendosi tutta in viso e rimanendo a guardare il tovagliato che adornava la tavola, rispose balbettando: Mi…mi chiamo, mi chiamo Grazia e sono venuta quassù in sostituzione di mio padre che non sta tanto bene!
Volgiti, fatti guardare i begli occhi che hai, non avere alcun timore perché io non sono un barone cattivo come alcuni di quelli che mi hanno preceduto! le disse il barone con voce rassicurante. La ragazza, mantenendo lo sguardo abbassato, girò lievemente il capo verso il nobile, il quale, notando la collana, continuò: Non ho mai visto una collana così bella adornare un collo fine e delicato come il tuo! Certamente si tratterà di un regalo del tuo fidanzato.
Essendo noto, alla ragazza, che l’oggetto era di provenienza del barone e presa alla sprovvista, ritenne opportuno dire non solo la verità ma andare oltre, sperando nella clemenza del vecchio: L’ho rubata, disse sorridendo e con naturalezza l’ho rubata dalle tasche del castaldo una notte, in montagna, mentre facevamo l’amore!
La disinvoltura con la quale Grazia si espresse, lasciò incredulo e divertito il barone: No, bella fanciulla, le disse non posso credere a quanto mi hai detto. I tuoi occhi meravigliosi rispecchiano un animo gentile e candido ma, se effettivamente fosse vero, non mi rimarrebbe che ammirare la tua onestà, anzi per ricompensa alla tua sincerità voglio regalartene un’altra, che ti consegnerò quando ti farai rivedere al castello! Nel frattempo, rientrati nel salone, Iacuìtt e il castaldo ripresero posto ed assicurarono il barone che ogni cosa, per le future stagioni pascolative, era stata definita. La baronessa, invece, ammaliata dalla naturalezza con la quale Maria si esprimeva, volle trattenerla ancora un po’ con sé, mostrandole la sua camera da letto, il suo salotto preferito, i gioielli, i profumi ed i cosmetici di cui abbondava. Maria rimase incantata specialmente riguardo a questi ultimi; chiese cortesemente se poteva adoperarne qualcuno e la baronessa fu assai felice di accontentarla, anzi la truccò in modo tale che quegli occhi grandi e meravigliosi assunsero una espressività tale, da fare rimanere estasiata la stessa baronessa ed anche sé stessa, quando si guardò ad uno specchio.
Questa trasformazione, al rientro nel salone, destò fra tutti i presenti parole di ammirazione. Soltanto Iacuìtt ne restò sconcertato; guardava la moglie con espressioni di disapprovazione e di rimprovero ed al barone, che si stava complimentando con lui, disse: Vuol fare la civetta ma non ne è capace!
Ma il peggio venne, verso la fine, quando Maria e Grazia, alzatesi dalla tavola e come da tacita intesa, si ritrovarono all’ingresso della cappella l’una di fronte all’altra. Alla “ladra” la felicità sprizzava dagli occhi sia perché durante il pranzo il castaldo le disse che era innamorato di lei, sia perché, di conseguenza, l’aveva perdonata per la faccenda della collana e sia, infine, perché il barone le aveva prestato tanta di quell’attenzione che non solo la discolpò per il furto della collana ma, addirittura, gliene promise un’altra. Maria, invece, pure se assai contenta per il successo riscosso agli occhi del barone e per la benevolenza della baronessa, che le disse di considerarla, ormai, un’amica, era alquanto adirata per il fatto che il castaldo, durante il pranzo, non solo non le aveva rivolto mai la parola, ma tutto il tempo lo aveva trascorso nel fare i complimenti a quella sfacciata di Grazia.
E furono questi i motivi per i quali, le due donne, a tu per tu, si scambiarono tante di quegli insulti e di cattive parole che richiamarono l’attenzione sia di Iacuìtt sia del castaldo. Ma essendo questi, per le note vicende, colpevoli ognuno di tradimento o di tentata seduzione, si affrettarono a separarle riconducendole alla tavola, tra l’indifferenza ed il disinteresse dei pastori che, ormai, avevano dato libero sfogo alle libagioni e ai loro comportamenti abituali.
Qualche sera dopo, verso l’imbrunire, avendo notato che la baronessa stava passeggiando con Maria e che il castaldo si era recato fuori dal paese, Grazia ne approfittò per andare al castello.
Dopo essersi ben lavata e pettinata, indossò il vestito che dava maggiore risalto alle sue forme e con trepidazione bussò al portone principale. Venne ad aprirle un vecchio maggiordomo senese, il quale l’annunziò e la introdusse nello studio del barone. Senza frapporre preamboli, l’anziano mandrillo iniziò a palpeggiarla, emettendo esclamazioni di ammirazione: Che magnifico corpo, che forme perfette, che carne soda! Vorrei tornare agli anni della giovinezza per poterti assaporare in ogni parte! e così dicendo emetteva sospiri di profondo godimento. Di collane te ne regalerò cento, mille a condizione che tu vieni a farmi visita ogni tanto. le disse, infine, il nobile mettendole al collo una preziosa collana, appartenuta ad una sua ava.
Grazia lo lasciò fare con interessata rassegnazione e si raccomandò al barone di non farne parola con il castaldo, altrimenti costui le avrebbe impedito di recarsi, nuovamente, al castello. Con Maria la baronessa aveva preso gusto a cospargerle sul viso le varie creme ed unguenti, da lei stessa preparati con erbe ed altri prodotti della terra. Prese a considerarla come una cavia e, per fortuna della ragazza, mai vi furono delle conseguenze che avrebbero potuto sfregiarle il viso. Le parlava anche e molto della sua giovinezza e dei suoi amori, che erano stati molteplici: da quelli teneri dell’adolescenza fino ai forsennati legami avuti nell’età della maturazione sessuale. Sapeva che il barone la tradiva e lei lo ricambiava con naturalezza. Alla constatazione della meraviglia di Maria, esclamò: Nel nostro ambiente, la fedeltà non è di casa! Poi, sospirando, continuò: Vedi Maria, ti parrà strano ascoltare questi particolari sul conto della baronessa da tutti ritenuta donna di elevate virtù mentre il barone ancora oggi è considerato un modello di sessualità per via del “jus primae noctis”; è tutta una balla, mia cara!
I maschi della famiglia di mio marito, ad incominciare da quell’Enea che poi divenne papa, portando nel sangue le tare dei loro antenati, sono pieni di voglia ma poco dotati in fatto di virilità. Molte volte rimpiango di non essere nata e di vivere come te! Naturalmente i mutamenti di Maria davano molto fastidio a Iacuìtt, il quale, però, se ne guardava bene dall’esternarlo. Quell’amicizia intrapresa con la baronessa la considerava come l’inizio di una perdizione alla quale la moglie andava incontro; si sentiva inoltre amareggiato per il fatto che Grazia, da diversi giorni, non si era fatta più vedere ed il fidanzamento di costei con il castaldo, se da una parte rappresentava la fine di un legame illegittimo e sconsiderato, dall’altra gli procurava uno stato d’animo di sorda irritazione e di tormento.
Testi tratti dal libro Iacuìtt