L’incoronazione di Carlo d’Angiò a re di Sicilia avvenuta a Roma nel gennaio 1266 per mano del pontefice francese Clemente IV, costituisce traguardo di una lunga serie di trattative iniziate negli anni ’50 del 1200 che Innocenzo IV e portate avanti da Urbano IV con lo scopo di liberare i domini della chiesa dalla minaccia rappresentata dai successori di Federico Il. Per Carlo, dopo il rafforzamento della propria autorità in Provenza, la conquista del regno di Sicilia, pur condotta per obbedienza alla Chiesa romana, rappresentò comunque il secondo passo di una ambiziosa politica espansionistica mirante a creare un grande impero nel Mediterraneo orientale.
L’avanzamento del programma in questa direzione fu favorito nei tre anni successivi la morte di Clemente IV durante i quali il trono pontificio rimase vacante, ma ebbe una brusca interruzione nel 1272 quando fu eletto col nome di Gregorio X, Tebaldo Visconti. Questi non solo si adoperò in modo particolare all’unione con la Chiesa greca contrastando così gli interessi bizantini di Carlo, ma iniziò le trattative per l’incoronazione imperiale di Rodolfo d’Asburgo dopo averlo riconosciuto re di Germania. La fondazione delle abbazie di Realvalle e della Vittoria si pone proprio, e forse non a caso, negli anni del pontificato di Gregorio X che intervenne anche per sanare la controversia sorta tra Carlo e i cistercensi a proposito della decima dovuta dal clero francese per finanziare la crociata contro Manfredi.
Dopo anni di polemiche, nel gennaio 1273, i quattro maggiori abati dell’ordine, recatisi a Napoli, si accordarono con il re di Sicilia sul pagamento di una parte del loro debito; il Capitolo Generale cistercense riunitosi a settembre sancì contestualmente che tutte le abbazie pagassero parte della decima dovuta e che i due nuovi monasteri “quae intendit idem dominus rex de novo fundare”, fossero filiazioni rispettivamente di Royaumont e di Le Loroux. Secondo Bruzelius, il sovrano angioino dovette fondare per i monaci di Citteaux le due nuove abbazie in cambio del parziale pagamento delle decime (38), ciò non esclude, però, alla base di questo compromesso, anche l’esistenza di una intenzione da parte del re suffragata da molteplici considerazioni. Innanzitutto i rapporti con Gregorio X. La costruzione dei due edifici religiosi poteva rappresentare un atto di omaggio verso il papa il cui intervento aveva permesso di sanare la controversia con i ricchi e potenti cistercensi ai quali Carlo era anche legato da strettissimi legami familiari, ma nello stesso tempo, commemorando le battaglie che avevano suggellato la conquista della corona di Sicilia, sottolineava il dominio e la potenza francese in Italia meridionale.
Determinante, nella scelta dei siti che il sovrano aveva personalmente conosciuto e verificato in occasione delle battaglie, fu la posizione strategica di Scafati, sul principale asse viario di collegamento tra Napoli e la Calabria e, ai confini settentrionali del regno, di Scurcola, lungo la via Valeria in posizione tale da consentire anche il controllo della via Cicolana a nord est e della via che conduce, attraverso Corcumello, alla Valle Roveto. In quest’ottica rientra perfettamente la ferma volontà espressa dal re nell’atto di donazione, di vincolare il possesso dei beni concessi alle due abbazie alla condizione che vi fossero accolti solo monaci provenienti dal regno di Francia, dalla Provenza e dal Forcalquier. Secondo quanto è detto nel diploma i monaci francesi avrebbero pregato con più diligenza per le anime dei soldati che “regnurn Sicilie cum multis sudoribus et laboribus, cum multa insuper effusione sanguinis ad honorem Dei et S. Matris Ecclesie de persecutorum eius manibus liberaverunt”, e per quella del re Carlo e dei suoi eredi.
Ma la scelta di una popolazione esclusivamente francese si inserisce anche nelle direttive adottate intorno al 1270, dopo che la rivolta dei baroni al fianco di Corradino aveva dimostrato l’esistenza di una forte opposizione interna e la necessità di consolidare l’autorità ed il controllo per affermare la dinastia.
A questo scopo, fu affrontata una complessiva riorganizzazione del regno affidando a francesi e provenzali i castelli e i feudi precedentemente appartenuti ai sostenitori degli svevi, in particolar modo nelle regioni più esposte. L’obiettivo del sovrano fu anche quello di creare, nei centri religiosi, un punto di riferimento per i francesi trasferitisi al suo seguito in Italia, grazie al forte rapporto nazionale e dinastico istituito per i cenobi: per l’abbazia scurcolana il riferimento è all’abbate della Victoire sorta nel 1222 per volere di Filippo Augusto, nonno di Carlo, in ricordo della vittoria nella battaglia di Bouvinnes e, tramite il rapporto di filiazione, direttamente all’Angiò; per Realvalle il richiamo immediato è all’abbazia madre la cui fondazione, come sepolcro della famiglia reale, è direttamente connessa a Luigi VIII, a Bianca di Castiglia e a Luigi IX.
Caso unico tra gli edifici religiosi legati a Carlo I, le abbazie reali della Vittoria e di Realvalle videro il continuo e attento interessamento del sovrano e il consapevole uso del significato politico e simbolico dell’architettura.
Seguendo il programma di imperialismo culturale adottato in linea con le direttive intraprese in politica interna, le costruzioni reali promosse da Carlo I in Italia, così come nelle contee di Provenza. Angiò e Maine, furono caratterizzate dall’uso dell ‘opus francigeno come simbolo dell’autorità, del prestigio e del potere francesi. Allo stesso modo, anche altri regnanti contemporanei avevano seguito questo indirizzo adottando il gotico rayonnant della corte di Luigi IX proprio in funzione della sua connotazione di regalità.
Testi a cura di Maria Isabella Pesce
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