Comune di Rocca Di Botte

Compito nuovo e stimolante. Pietro deve farsi araldo del vangelo per le vie del mondo con l’impegno di muovere i primi,passi verso la patria (19) alla conquista spirituale dei concittadini, che due anni prima lascio con cuore amareggiato. Carsieoli (Bocca di Botte non meno) e una terra di pensieri proibiti, che da vertigini solo a pensarla. Ma l’ordine e spicciolo, di poche parole, colpisce come un rovo; bisogna eseguirlo. Anche se non collima col suo giudizio, e la voce di Dio. C’e della stranezza nel comando dato a Pietro, ma forse e meglio pensare che e un po’ l’arguto gioco di Dio su fatti, che sconvolgono le prospettive umane. Con tanto mondo, Pietro deve tornare proprio al terreno, che scotta sotto i piedi di molti al momento, anche sotto i suoi. Ma e giovane, ha un’anima fresca, può muoversi per scontrarsi con una montagna di giorni deserti.

Se il soldato segue l’itinerario segnato sul foglio di via, ad ogni tappa trova protezione. In genere l’umanità cresce nella sedimentazione di ciò che ha ricevuto in precedenza, per questo scrive Bernanos ad una giovane brasiliana: ” Sii fedele alla tua infanzia; non diventare mai grande “. Gli intellettuali proclamano teologie dell’avvenire, ma politici e borghesi rifiutano la dialettica del tempo che avanza; non accettano compromessi per i loro privilegi. Con le giornate accumulano montagne di bile e le crepe negli animi si fanno vistose; allora e il momento in cui la tragedia esplode: i violenti sono al loro posto, si può alzare il sipario. Questa, più o meno, e anche la realtà sociale del Carseolano al tempo di S. Pietro. Bisogna istruire l’uomo e tenerlo lontano dalla voragine del male, ma non e facile parlare a concittadina bardati di presunzione. Pure Pietro parte per incontrarli, per annunciare loro il Vangelo, per confermarli nella fede. La cerimonia dell’investitura e terminata e per Pietro sono finiti i giorni azzurri.

Saluta Cleto suo maestro, lo ringrazia (mandatum cum gratiarum actione accepit), (20) abbraccia i confratelli, riceve la benedizione del vescovo, da un’ultima occhiata al seminario, alla cattedrale, dove l’ordinario gli ha sillabato parole di bronzo, e lascia Tivoli riprendendo la via Valeria. (21) Passo passo ripete il tragitto fatto due anni prima, contando i sentieri, che conosce da vicino: Vicovaro, Mandela, Roviano, Anticoli, Arsoli, Sala Civitas, Rocca di Botte. Avvicinandosi all’abitato, vede il campanile della chiesa. S’inginocchia e prega. Sta per iniziare una nuova vita, allora che Dio lo aiuti; che sia veicolo della sua parola, molestatore di anime pigre; che sappia trovare la metrica giusta per convincere, per non essere ozioso solfeggiatore di parole, venditore di stanche formule. L’ambiente cigola stanchezza a non finire, ma Tivoli ha rinverdito i sapori della giovinezza. Tuttavia decide. Non a Rocca, bensì ai Bisognosi e prende la via, che sale alla Madonna. (22) La il rifugio e sicuro; l’eremo e roccaforte dello spirito. Era salito lassù ogni volta che gli erano sfuggite le redini del vivere o gl’ideali s’erano ridotti a fatuità; allora era corso lassù a pulirsi dalla stanchezza per tornare redento, con le idee in ordine, pronto a ripresentarsi sulla pista di lancio.

Ma quel marzo del 1150 vi torna per dire a Maria i suoi intenti, per segnare con lei l’arco del nuovo esistere. Ormai fa parte della milizia ecclesiastica, e fornitore autorizzato di quelle virtù, che sfondano cataste di secoli. Ai piedi della Madonna dei Bisognosi si consaora per sempre. Il Carseolano ha bisogno d’una nuova contestazione e lui con umiltà e determinazione e pronto a farla. (23) Anche il deserto di Rocca di Botte per lui fiorirà. Magari a lunga scadenza. Alla distanza di due anni Pietro ritorna dunque nella sua patria come fratello timoroso ma anche ansioso di riprendere il dialogo con la sua gente, per annunciare la buona novella del regno di Dio, per attendere dalla fedeltà dei concittadini il dono dell’amore fraterno e della pace. Conosce perfettamente che il suo compito e quello di scendere in un campo dilaniato da rancori e da lotte fratricide, che e incaricato di affrontare I’urto della lotta morale e ‘di ricomporre gli animi nell’unione della carità e della fratellanza. S’immette dunque come angelo di pace non solo con. l’augurio, ma con la serena fiducia della riuscita. (24)

Ma questo e solo un aspetto delle lotte intestine condotte nel Carseolano. Intorno alle castellanie (25) della Piana sono coinvolti gli interessi del papato, del monastero sublacense, ambiguo nella politica degli abati Oddone, Umberto, seguace dell’antipapa Benedetto X, e Giovanni D’Azza; inoltre di monaci astuti, di signorotti locali e dei Normanni, che sono alle porte. Un contesto politico e sociale da far rizzare i capelli, un festival carseolano seminatore di ortiche. Ha ragione Carlyle quando scrive che vivere in questo mondo e una cosa estremamente seria. Pietro si ritrova a svolgere la sua missione in mezzo a tale groviglio di cose. La sua azione perciò ora cresce, ora stagna con altalena di successi e d’insuccessi, di euforie, di crolli d’entusiasmo. Scivolano le settimane come gracili speranze a dondolo sul nulla. Ma attende e ad ogni alba si forgia una nuova attesa, anche se ogni sera raduna cenere di niente. Soffre e prega. Intanto i giorni diventano mesi e la permanenza nel Carseolano sembra ridursi a dimora senza tempo. Cosi si fanno due anni. (26) Il mattino, quando la stanza non è visitata dalla luce, e già in piedi con una giungla di idee. La gente in parte capisce, mon fa conto dei verdi anni del predicatore. E’ giovane, ma ci sa fare. I sentieri infatti raccontano di migliaia di passi e di tonnellate di fatica per consumare i programmi. Ci sono benedizioni di Dio, che entrano rompendo i vetri (Veuillot).

Pietro lavora lento, paziente, scolpisce uomini, sa che un colpo male assestato può rovinare tutto. Intanto dona con gioia quanto di bello e di vero ha in se; gli sembra che il lavoro sia minimo di fronte alla vastità del restauro, sente che deve aggrapparsi a certezze nutrite nell’ora, senza sapere quando sbocceranno. Ma spera. Domani sarà più bello dire buongiorno a Dio. Pero le sue idee produco,no uno strano solletico in quelle squadriglie di teste. Il suo parlare e semplice, lineare: spiega, esemplifica, invita a riflettere, stimola all’inchiesta. Rifiuta il ruolo di parolaio, che vende fumo. Come corsaro di Dio inventa l’assalto li per h sulla pagina dura della giornata. In fondo ha avanti a se uomini, non birilli; deve ossigenare anime e vuol essere un amico, non un sicario. Non gli manca d’incontrare situazioni difficili e precarie: urti, discordie, odi sopiti, faide scatenate solo perché una mucca ha sconfinato in quello d’un altro e perché un marmocchio ha giocato sul prato del vicino. Bazzecole ingigantite, che maturano in acidi rancori. Pietro veste la toga del paciere, mette sul banco le sue pazzie evangeliche, utilizza battute di spirito. ” Ha buone qualità ” dicono alcuni. ” E’ un impiccione ” ribattono altri. Ma un uomo cosi non può non morire giovane.

Tra la sua gente Pietro e come ” il profumo di Cristo fra quelli che si salvano e fra quelli che si perdono; per gli uni odore di morte per la morte, per gli altri odore di vita per la vita “. (27) I tempi camminano svelti, ma egli li insegue con forsennata costanza; non perde una tappa. La sua vitalità dirompente imperversa,per la vallata del Cavaliere e,per le gobbe di monte Carseoli. Sperimenta pero che le idee curate nei due anni di seminario sono state belle, ma slegate dalle giornate ferite, che incontra di fuori. Ora nel vortice delle contese capisce i pensieri glaciali dei tempi sguarniti di sentinelle di Dio; si sente solo in una trincea di fuoco, in un’avventura più grande di lui. E diventa titubante, reticente. Spesso, mentre il giorno s’affloscia nella sera, torna a casa con una vuotezza infinita, col carico congelato delle ore, con la piaga della tristezza. ” Che mi sia lasciato irretire da !programmi troppo ambiziosi? ” si chiede senza sapersi dare risposta. Ne riesce ad adattarsi in un ambiente caratterizzato dagli immancabili pettegolezzi di paese, pungenti a volte e cattivi. Tenta d’infondere un’anima alla società, di forgiarne le coscienze, invece si ritrova stanco e deluso entro quell’orizzonte degli umili, per i quali spesso si oscura anche la miseria del giorno. Sembra irretito, il dolore lo sfalda, le idee sono ridotte a cardi: ” E’ possibile che la vita proponga solo amarezza? ” si chiede; anche si domanda: ” Dove sono finiti i giorni azZurri di gioia “. Il getsemani non sembra cosi vicino a finire. Ogni tanto qualcuno approda al suo nido, chiede ‘di entrare nel rischio, di avventurarsi – come lui predirà – nell’oscurità del futuro, ma i più sono renitenti, ostili, feroci come lupi, gli dichiarano guerra, gli fanno,scontare il loro astio con critiche e calunnie; lo rimproverano e strapazzano, lo anche malmenano, cacciandolo via dalla loro terra. Pietro (Frater Petrus) (28) inghiotte saliva salata di lacrime (pati nter sustinuit). (29) Nessun, profeta e accetto in patria. E’ vero. E guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Così cala la tela.

Testi tratti da Pietro Eremita L’uomo della speranza da Rocca di Botte a Trevi

Testi a cura del Prof. Dante Zinanni  

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