E’ un vero privilegio, toccato a nessun Santo, il fatto che in Rocca di Botte a distanza di tanti secoli e malgrado le intemperie dei tempi e della storia si indichi ancora la casa natale di ‘S. Pietro Eremita. (38) Essa é fabbricata sul pendio del monte, poggiante su roccia e con ingresso sull’omonima via S. Pietro. Nel secolo XVII numerava cinque stanze, dipartite su due o tre edifici diversi: una adibita a cappella con vano superiore completamente chiuso a modo di soffitto, un’altra adiacente, solitamente adusata per il ricevimento dei sacerdoti e dei religiosi, presenti alla festa di S. Pietro, e del cui crollo si fa ripetutamente memoria dal Pierantoni, nel quale leggiamo: ” vi e una piccola saletta, nella quale dà Signori della festa si soleva dare il desinare à Sacerdoti e Religiosi, che concorrono à venerarla; cadde questa gli anni passati circa 1650 e con stupore di tutti quanti vi erano dentro; perché la ruina del suo pavimento fu senza lesione di veruno e fu stimato a gratia speciale del Santo; (39).
Altra stanza e una sala-cucina, anch’essa aperta sulla via pubblica e con proprio ingresso, sotto la quale s’apre il vuoto d’una cantina pressoché interrata e con uscita su Via S. Pietro. Una delle facciate della casa cosiddetta del Santo aveva ” architrave di pietra assai gentile nella prima porta; si vede con lavoro a scarpello assai bene intagliato, da un lato una Rosa e dall’altro un Martello, forse geroglifici, o arma gentilitia della famiglia, che dicesi continuata fino al mezzo secolo passato, terminata in una pia Donna discendente dagli Antenati di esso S. Pietro morta avanti 1690 sotto Innocenzo X “. (40) Rosa e martello sono andati perduti nel crollo e nello smantellamento dell’edificio, ma essi furono soltanto materiale di riporto, estratto da case gentilizie e utilizzato nella ricostruzione muraria, non emblemi o arme dei discendenti di S. Pietro Eremita, dei quali ogni riferimento e puramente barocco.
Quanto al vano sovrastante la cappella, che una rozza tradizione indicò come stanza natale del Santo, nel 1777 (41) esso venne volumetricamente incorporato in quello inferiore, onde favorire il respiro architettonico e l’ariosità della cappella stessa. Al presente l’area, indicata come casa di S. Pietro, e coperta da due edifici separati: una casa e una chiesa, che in passato furono collegati da un fabbricato intermedio, danneggiato e crollato in seguito a ripetuti eventi sismici, quindi smantellato nel 1924 (42) per dare spazio ad una costruenda sede comunale di Rocca di Botte. La casa consta di tre ambienti: un vano inferiore o cantina, un secondo intermedio con ingresso principale, comunemente indicato come cucina, focolare o forno, un terzo vano-camera al piano superiore, comunicante con l’inferiore e fornito d’ingresso secondario indipendente.
L’edificio e una singolare miscellanea di elementi architettonici, provenienti da dimore gentilizie sorte in Rocca di Botte nei secoli XV e XVI, le quali, dirute nel tempo e abbandonate col mutare dei destini politici, fornirono ingente quantitativo di pietre da costruzione in palese evidenza nella scalinata, nell’imbotto della porta d’accesso secondaria e nel lavatoio, il cui scarico all’esterno e ricavato d,a una grande mensola di pietra serena. Non é però questo edificio sei-settecentesco la casa, ove nacque il Santo. Ne esistono elementi, che!permettano l’identificazione d’una costruzione maltata del secolo XII; neppure é attendibile la proposta di qualche giovane studioso, che accusa il rinvenimento di reperti (cibi, semi di uva da vino, ossa di astragalo) incorporati in un angolo della cantina e visibili avanti il restauro del 1980.
Nel secolo XII, cioè ai tempi di S. Pietro, Rocca di Botte e soltanto una ‘villa ‘, nella quale strutture murarie maltate possono riscontrarsi soltanto in edifici o case di signori feudatari. Permane comunque la vetusta tradizione popolare e la longeva e devota cura, che i naturali sempre ebbero del luogo. Nei primi de1 secolo XX la casa di S. Pietro e al centro di una lunga vertenza giudiziaria tra la ditta Francesco Stimolo di Tagliacozzo e il Comune di Rocca di Botte. Ritrovandosi il Comune privo di locali idonei alla conservazione degli atti e del materiale archivistico, alla ricerca d’una casa più conveniente, il commissario prefettizio Luigi Sestili nel 1924 delibera la costruzione d’una nuova sede comunale da erigersi nell’area della diruta casa di S. Pietro, proprietà della confraternita o opera pia del Santo.
La costruzione, progettata dall’architetto Gaetano Rosa e finanziata con fondi ricavati dalla vendita del bosco Serrasecca e dal beneficio del contributo terremoto di spettanza dell’opera pia S. Pietro Eremita, viene affidata alla ditta Francesco Stimolo di Tagliacozzo. (43) Questi, dietro sollecitazione del Sestili, apre il cantiere nel maggio 1924, (44) fa la demolizione e lo sgombero dei detriti, trasporta il necessario materiale edilizio e getta i plinti della nuova fondazione. Ma in quello stesso anno il commissario prefettizio Sestili, i cui atti con 58 mandati di pagamento costarono al Comune la spesa di lire centotrentaseimila, (45) viene esonerato dall’incarico e la nuova giunta comunale, mancando una comprobante deliberazione e un regolare contratto, si rifiuta di assolvere all’impresa Stimolo i contributi pretesi. La resistenza del consiglio pubblico roccatano convince lo Stimolo ad adire vie legali, pertanto cita il Comune presso il tribunale di Avezzano (46) per sentirlo condannare al pagamento della somma di lire ventiquattromila quale risarcimento danni.
Il Comune legge suo,promotore legale l’avvocato Loreto Marcangeli con studio in Carsoli e, rappresentato nella causa dal podestà Antonio Mariani, difende la propria posizione, adducendo che a) nessun atto circa l’ cessione dell’area e dell’eventuale contributo risulta adottato al riguardo dall’amministrazione dell’opera pia S. Pietro Eremita; b) nessun provvedimento venne preso dall’amministrazione comunale circa la redazione del relativo progetto, ne per l’esecuzione di esso ne per il finanziamento dei lavori; c) nessuna intenzione ebbe mai l’opera pia di alienare un bene patrimoniale si prezioso. (47)
Sentite le parti, il tribunale di Avezzano con giudizio del 26 gennaio e del 6 febbraio 1935, emette sentenza favorevole al Comune di Rocca di Botte. (48) Il ricorso d’appello dello Stimolo, avanzato con atto di ufficiale giudiziario della pretura di Carsoli del 12 novembre 1935, porta la vertenza alla corte d’appello dell’Aquila, ove il Comune e difeso dagli avvocati Loreto Marcangeli e Carlo Cifani aquilano, cui compete l’onorario di lire 849,17, ma anche la sentenza della corte aquilana e favorevole al Comune di Rocca di Botte. (49) Nel 1936 (50) la deputazione per le feste patronali compera una botte di legno per la conservazione del vino da vendere per recupero dei fondi necessari al sostegno finanziario della festività. La botte viene riposta nella cucina della casa di S. Pietro, ma nel 1980, in occasione d’ulteriori lavori di restauro, essa e rimossa e data alle fiamme.
Testi tratti da Pietro Eremita L’uomo della speranza da Rocca di Botte a Trevi
Testi a cura del Prof. Dante Zinanni
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