L’arrivo di un mediatore di bestiame dalle Puglie lo estraniò temporaneamente dai crucci sentimentali. Attraverso le transumanze, la fama di Iacuìtt era arrivata fino laggiù e questo messo fu incaricato dai pastori suoi compaesani di prendere contatto con lui allo scopo di instaurare una collaborazione sia sull’organizzazione degli stazzi sia per il baratto degli armenti. Menicuccio riuscì a vendere oltre trecento pecore che andò personalmente a consegnare ai destinatari, nelle Puglie, unitamente ad altri due pastori di Balsorano, portando indietro una ventina di pecore locali selezionate e cinque magnifici montoni adulti che destarono tanta ammirazione tra i nostri. Lì, in un paese del foggiano, fu organizzata una grande riunione di pastori, allo scopo di capire ed attuare gli insegnamenti di Iacuìtt.
Egli spiegò loro il concetto di “giornata” e il rapporto con essa non tra il numero dei capi presenti nella mandra, bensì dal latte prodotto giornalmente; chiarì il significato del turno, di associazionismo e di cooperativismo, di mutua assistenza e di risarcimento dei danni prodotti da lupi e orsi nonché provocati da incidenti o epidemie. Li informò sugli ottimi risultati ottenuti con questo sistema dalle “morre” ubicate, nel periodo estivo, sulle montagne di Balsorano e lanciò il detto secondo cui una pecora, in un anno, doveva rendere il suo valore.
Sebbene tra questi pastori ve ne fosse qualcuno che aveva imparato a fare i conti con la penna, tutti restarono impressionati e meravigliati dalla facilità con cui Iacuìtt trattava mentalmente i numeri. Gli fu proposto di rimanere laggiù, ove avrebbe avuto un trattamento di gran riguardo, ma Iacuìtt, nato e vissuto sulle nostre montagne, rispose ridendo: Meglio pane e cipolla in casa mia, che pollastri e piccioni in casa di altri! I nuovi montoni, dopo un certo periodo di acclimatazione, fecero il giro di tutte le stalle e le rimesse ed in una di queste circostanze, il barone e la baronessa, come da loro desiderio, furono invitati ad assistere alla monta.
Ad ogni accoppiamento, mentre il barone faceva dei commenti di ammirazione sull’ardore e continuità di quelle bestie, la baronessa se ne stava pensierosa ad ammirare, forse invidiando, in quel momento le pecore. Per quasi tutta l’invernata Iacuìtt passò il suo tempo sempre alle prese con gli armenti, mettendo a punto anche nuovi miglioramenti sull’organizzazione degli stazzi; tornava a casa giusto il tempo per mangiare, scambiando con Maria poche parole di circostanza e per prendere in braccio il piccolo Giuseppe che la moglie stava allevando in maniera encomiabile. Aveva ripreso, su iniziativa di Grazia, i rapporti con lei, ma gli incontri notturni, alla rimessa, avvenivano con più circospezione e più scarsa frequenza.
Durante una sua assenza, Maria ne approfittò per avere un incontro chiarificatore con il castaldo. Lo attese, una sera tardi, in casa mentre dal cielo cadevano grossi fiocchi di neve, che, in breve tempo, imbiancarono i tetti e le strade. Si sedettero vicino al fuoco e, con tranquillità, iniziarono a parlare della loro situazione. Maria, seppure all’oscuro dei rapporti che Grazia manteneva con il marito, del furto della collana e delle prestazioni che, costei, concedeva al barone in cambio di qualche regalo, lo rimproverò con fermezza del fatto che la frequentava. E, non essendo nemmeno a conoscenza che i due si erano fidanzati, volle dargli una speranza affermando: Con mio marito, ormai, i rapporti sono limitati ad una spiacevole convivenza; ci vediamo soltanto quando a lui fa comodo e, ti confesso, che un po’ di sollievo lo provo solo quando ho la possibilità di parlare con te, come in questo momento!
Ascoltate queste parole, il castaldo sfiorò con le sue labbra le guance di Maria, ma avvertì un senso di repulsione, avendo notato che il suo viso era ricoperto da una leggerissima patina di crema donatale dalla baronessa: La bellezza, le disse dolcemente è un dono naturale di Dio e qualsiasi modifica costituisce un oltraggio a Lui! Poi, dalla tasca tirò fuori un candido fazzoletto e delicatamente glielo passò sul volto.
Un leggero vento di tramontana, alzatosi da poco, faceva mulinare e schiacciare sui vetri della finestra i fiocchi di neve che, man mano, aumentavano. La conversazione continuò su argomenti banali perché, mentre il castaldo voleva a tutti i costi evitare qualsiasi riferimento a Grazia, Maria, a sua volta, faceva in modo che ciò avvenisse, senza, però, manifestare questo suo intendimento. E tra una banalità e l’altra si ritrovarono sul letto che distava poco dal camino acceso. Maria, pur gradendo molto le effusioni del giovane, aveva il cuore in tumulto. Il pensiero che il marito potesse rientrare da un momento all’altro la teneva in grande agitazione. Ricambiava, senza alcun convincimento, i baci che l’altro le dava sul viso e sul collo e quando, incominciandola a spogliare, capì le intenzioni, spaventata scese dal letto andando a rannicchiarsi all’altro lato del camino e, al castaldo che la supplicava di tornare accanto a lui, disse: No, no! Questo non lo farò mai, pur avendone tanta voglia! Ho rispetto di mio marito ed il tradimento in sua assenza non me lo perdonerei per tutta la vita.
Tu sei tanto gentile e devi comprendermi. Pensa che dal giorno del tuo primo bacio, che poi non ho nemmeno ricambiato, non mi sono più accostata al sacramento della comunione perché ho timore e vergogna di confessarmi e quel peccato dovrò portarmelo sulla coscienza per sempre. Ho sempre esecrato le persone che si accoppiano come gli animali, senza cioè che una passione ed un intenso amore li unisca. Mi rendo conto che, in questo momento, arso dal desiderio del mio corpo, tu stai soffrendo e di ciò sono profondamente addolorata ed anche mortificata, ma se veramente mi stimi e mi vuoi bene continua ad amarmi come mi hai amato finora.
Queste parole raffreddarono molto il castaldo e lo indussero alla riflessione. Sì, Maria ha ragione meditava con gli occhi fissi sui mille giuochi della fiamma nel camino Maria è un fiore delicato che non può essere sfiorato nemmeno dall’alito di un bambino; Maria è ricolma d’onestà ed io la sto insidiando per farle commettere un atto immorale. Prese il viso di lei tra le sue mani e chiedendole perdono, le disse: Sei troppo onesta, mio bene immenso! La tua lealtà e la tua sincerità rispecchiano un animo unico ed eccezionale che merita soltanto venerazione ed io saprò venerarti in silenzio ed anche lontano da te! L’errore commesso nell’aver iniziato a frequentare Grazia, mi induce a chiedere il tuo perdono e, per l’amore che nutro per te, posso assicurarti che ciò non avverrà mai più!
Queste parole intense, scaturite dal cuore leale del giovane, indussero Maria ad abbracciarlo e baciarlo appassionatamente sulla bocca. Per il fatto che la nevicata aveva reso le strade assolutamente impraticabili, trascorsero, poi, il resto della notte accanto al fuoco, discutendo su illusori proponimenti futuri, proponimenti che, qualche giorno dopo, Maria ricordò come avvolti nella nebbia e assai lontani per il rientro in casa di suo marito. I rapporti tra lei e Menicuccio, sebbene la ragazza escogitasse ogni mezzo per riportarli ai tempi felici del fidanzamento, peggioravano man mano per l’ostinato e persistente attaccamento di costui alle faccende che riguardavano la pastorizia.
Se gli occhi, meravigliosi e splendidi di Maria, ora migliorati da un leggero trucco insegnatole dalla baronessa, destavano ammirazione e turbamento in chi li ammirava, per Iacuìtt costituivano solo e soltanto gli organi necessari per vedere e a volte, per banali motivi, quasi li disprezzava, dicendole: È possibile che non hai guardato? E, allora, perché li hai, gli occhi, forse non ci vedi? Verso gli armenti, invece, il comportamento era ben altro; infatti, spesso, afferrando con le mani il capo di una pecora o di una capra, guardava con tanta attenzione nei loro occhi allo scopo di accertarne il buono stato perché, a suo giudizio, qualsiasi incipiente manifestazione di malattia si poteva notare soltanto attraverso questi organi.
E quando ciò avveniva in presenza della moglie, ella, ignorando il motivo di tale atteggiamento, ne soffriva quasi di gelosia. Il castaldo, invece, per diversi giorni, iniziò a sfuggire agli incontri con Grazia; ormai, dopo quella notte della nevicata, era perdutamente innamorato di Maria. Metteva in atto qualsiasi espediente purché potesse evitare gli incontri con la fidanzata e la ragazza, a sua volta, forse, ne era contenta. A Grazia, invece, l’affrettato fidanzamento con Mario incominciava a procurare delle limitazioni alla libertà di movimento, specie per quanto riguardava gli incontri saltuari con il barone, dai quali ricavava sempre e maggiori vantaggi. Infatti, approfittando della consueta passeggiata della baronessa con Maria, nell’ultimo convegno amoroso, il nobile, avendo ottenuto il permesso di maggiore libertà di palpeggiamento fino ad arrivare quasi alla agognata meta, per compenso le regalò un paio d’orecchini d’oro con zaffiri che la rese oltremodo felice. Pertanto, al fine di arrivare ad una rottura con il suo fidanzato, riprese a frequentare Iacuìtt con maggiore frequenza e minore prudenza.
Spesso, adducendo motivi di collaborazione e competenza, Menicuccio, molte volte, la portava con sé negli altri paesi, dove era chiamato per consulenze, accordi di baratto ed altro. Delle visite che Grazia faceva al castello, Iacuìtt era completamente all’oscuro ma, notando i gioielli che lei spesso metteva, gliene chiedeva la provenienza. E lei sorridendo e felice: Li ho rubati, rispondeva senza scomporsi minimamente li vado a rubare al castello quando la signora baronessa esce a passeggio con tua moglie! Queste spiegazioni, date con tanta naturalezza, facevano sorridere il giovane il quale, esortandola ad essere più prudente per via della servitù ed in modo particolare del castaldo, le diceva: Se se ne accorge il compare Mario, quello ti fa calare dentro il trabocchetto e poi dove vado a trovare un’altra Grazia come te?
E lei, di rimando: Quello lì è un fesso e fa ciò che dico io!
Iacuìtt non volle mai approfondire queste risposte esplicite, ma qualche sospetto sul legame tra lei ed il castaldo, che nutriva da tempo, gli tornava nella mente. Tuttavia faceva finta di nulla ed il discorso finiva lì.Questa situazione d’intrecci e di tradimenti si protrasse per qualche tempo.
Grazia, nonostante i propositi del castaldo circa un imminente matrimonio tra loro e le assicurazioni di fedeltà da lei date a Iacuìtt, continuò a frequentare il barone; proseguì, inoltre, il fidanzamento tra lei e Mario mentre i rapporti tra Maria e il marito rimasero freddi e di pura convenienza. Allo scopo di riacquistare l’interesse di Iacuìtt verso il suo corpo, Maria cambiò modi di comportamento riprendendo a frequentare la stalla e la rimessa degli armenti. Cessò, anche, di curare la sua persona ed in modo particolare gli occhi ed i capelli.
Questi, smise di lasciarli cadere sciolti sulle spalle e li raccolse a “toupet” sul capo così come li portavano le donne anziane, sperando, in tal modo, di ottenere almeno un cenno di assenso da parte del marito, il quale, invece, degnandola appena di uno sguardo, le disse: Ho l’impressione che in questi ultimi giorni sei invecchiata di molto; eh già, il tempo passa per tutti!
La poverina, assai mortificata, avrebbe voluto gridargli tutta la sua rabbia e risentimento, ma se ne astenne per non irritarlo. Pianse di nascosto e poi uscì di casa per andare a far visita alla baronessa. La trovò che stava leggendo un libro in biblioteca. Ah, brava, le disse compiaciuta leggendo questo romanzo stavo giusto pensando a te: è la storia di una giovane popolana, assai bella e saggia che sposa un ragazzo di rango elevato, il quale all’inizio è assai gentile e a modo ma poi, pian piano, si scopre molto grezzo e grossolano fino al punto di malmenarla continuamente. Voglio sperare che, per la poverina, vada a finire bene; in ogni caso ti terrò informata. Vedi, mia cara, queste vicende infelici accadono purtroppo anche nella realtà e, per fortuna, noi non ne siamo vittime: nel mio caso, il barone era ed è rimasto uomo a modo, assai consenziente a tutti i miei voleri. Durante il nostro lungo matrimonio non ricordo che abbia mai alzato la voce in mia presenza e, poi, è sempre pieno di premure e di gentilezze fino a riempirmi di costosi gioielli; sono certa che anche tuo marito…
Mio marito, esplose Maria, incominciando a piangere mio marito non mi ama, mio marito mi trascura fino al punto da farmi dimenticare cos’è il piacere di una notte d’amore; è un uomo rude e senza scrupoli, testardo e malvagio: ecco cos’è mio marito! Pensavo di aver sposato il migliore degli uomini ed, invece, mi ritrovo, qui con lei, a raccontare queste miserie che mi stanno rovinando l’anima! Ed ho dei sospetti anche sulla sua fedeltà, anzi sono certa che mi tradisce! L’improvviso ed inatteso sfogo produsse nella baronessa molta impressione; riteneva la sua figlioccia una ragazza felice e spensierata ed invece… Se la strinse a sé e, con dolcezza, cercando di consolarla, le disse: Forse dipenderà dal fatto che ha troppi impegni nella pastorizia; il castaldo e il barone spesso mi parlano dei suoi progetti e delle sue realizzazioni.
Nel sentire nominare il castaldo, Maria ebbe un sussulto. Oppure continuò la baronessa tuo marito è persona dal carattere un po’ chiuso e riservato o anche perché tu non lo vezzeggi come lui desidera. Vedi, mia cara, io non sto qui ad istigarti, Iddio me ne guardi, ma se hai le prove certe del suo tradimento, procurati un amante. L’uomo, dal Creatore è stato dotato, sulla donna, di potere assoluto ed insindacabile e la migliore, sottile e sofisticata vendetta è il tradimento e ciò posso assicurartelo essendone stata una buona interprete; con l’adulterio, la donna si rivale e castiga.
A quel punto si sentì bussare alla porta: era il castaldo che veniva ad informare la padrona del fatto che doveva assentarsi un paio di giorni dal paese. Tra lui e Maria non venne neppure accennato ad un saluto.
Il pianto e lo sfogo della ragazza, con quel suo viso soave sul quale si potevano notare, quando arrossiva, il suo rammarico, i suoi crucci e la sua onestà mostrarono alla baronessa un’immagine piena di fedeltà e di commozione, la vera personalità di cui Maria era dotata con le sue ingenuità e le sue indecisioni.
Testi tratti dal libro Iacuìtt
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