Nel dicembre del 1983 fu segnalata alla Soprintendenza Archeologica dell’Abruzzo, da parte di Umberto Irti e di Fausto Colucci, la presenza di tombe protostoriche lungo il canale che ospita il corso del fiume Imele nei pressi di Scurcola Marsicana. La scoperta venne confermata dal sopralluogo, effettuato il 22 dicembre da Adele Campanelli e da chi scrive e dalla consegna dei reperti, precedentemente raccolti da Irti e da Colucci. Lavori effettuati dall’Ente Regionale di Sviluppo Agricolo sull’argine del canale, portarono, nel gennaio 1984, alla distruzione di almeno un tumulo, denominato Tomba I; anche in conseguenza di ciò la Soprintendenza effettuò, nel giugno seguente, una prima campagna di scavi. Una ulteriore, limitata, campagna di scavo venne condotta, nell’estate del 1985, sempre sul lato orientale del canale e quindi ancora in area demaniale.
Le prime due campagne di scavo misero in luce 11 sepolture su un’area indagata di 400 metri quadrati circa. Nell’estate del 1987 fu possibile, grazie all’occupazione temporanea di terreni privati, autorizzata dal Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali, esplorare un’area di circa 600 metri quadrati posta sulla riva occidentale del canale e portare quindi a 31 il numero delle tombe indagate. La necropoli in esame, denominata dei Piani Palentini, è posta a circa 700 metri di quota sul livello del mare, si compone di tombe a fossa singola e di inumazioni poste all’interno di tumuli. Le fosse singole (quattro) sono, allo stato attuale delle ricerche, riservate esclusivamente ai bambini (tombe 2, 3, 4, 8); alcuni infanti però sono stati deposti anche all’interno dei circoli (tombe 10, 19, 23, 3 1).
Da notare però che mentre le sepolture infantili poste fuori dai tumuli sono riferibili, almeno in tre casi su quattro, alla prima età del ferro, quelle poste all’interno dei tumuli sono cronologicamente comprese fra il VII ed il V secolo a.C.. Gli undici circoli o tumuli scavati, di diametro compreso fra i tre e gli undici metri, possono contenere, al loro interno, da una a dieci sepolture. Due individui adulti, di sesso femminile, sono stati rinvenuti negli unici due tumuli che presentavano una sola sepoltura al loro interno (tombe 6 e 17).
Curiosamente si tratta anche delle uniche due sepolture femminili ad avere una fuseruola fittile nel corredo. In tre casi è attestata, all’interno di un circolo, una coppia di sepolture; in due di essi (tombe 10 e 12 e tombe 18 e 19), le sepolture sono destinate l’una ad un bambino, l’altra ad un adulto di sesso femminile. Nella tomba 7, tagliata in gran parte dallo scavo del canale, erano deposti due o tre individui adulti. Tracce evidenti di protezione lignea nelle sepolture si sono riscontrate nella tomba 9. Tre sepolture (tombe 10, 28, 29) si presentavano prive di corredi funerari. I corredi rinvenuti coprono un arco cronologico che va dall’VIII al V secolo a.C. Da segnalare l’assenza di vasellame fittile nei corredi tombali, elemento rituale che non trova confronti nei contesti funerari abruzzesi ma solo in quello “laziale” di Corvaro di Borgorose (su cui potete vedere il contributo, in questo stesso volume di Giovannella Alvino).
Sono invece presenti, in numero cospicuo, frammenti di vasellame fittile che si rinvengono mischiati alla terra di riempimento dei tumuli. Altro elemento degno di nota è che nella generale omogeneità dei corredi, solo due tombe di infanti sembrano emergere: l’una, la tomba 8, inquadrabile nella prima età del ferro, l’altra, la tomba 19, riconducibile all’età orientalizzante. Le armi, nelle tombe maschili, mostrano sia la tipica panoplia dell’Abruzzo orientalizzante e cioè l’accoppiata pugnale più lancia presente nella tomba 5, che la combinazione spada più lancia presente nella tomba 11, combinazione che diverrà comune, nella nostra règione, durante il VI ed il V secolo a.C..
Il tipo di armamento più diffuso sembra essere, comunque, quello formato dal solo pugnale in ferro, attestato nelle tombe 15, 22, 24, 27, 30. Fuor di contesto, putroppo, sono stati raccolti cinque dischi-corazza in bronzo. Sembra una specie di maledizione quella che continua a perseguitare questa classe di materiali che ce li rende noti in tutte le possibili forme di acquisizione tranne quella canonica della nostra disciplina e cioè lo scavo archeologico! Nella necropoli dei Piani Palentini, che presenta un interro di circa tre metri dal piano di campagna attuale, si sono rinvenute alcune stele monolitiche epigrafi. Della stele posta vicino alle tombe 9 e 11 si è rinvenuta solo la porzione interrata mentre il gruppo di 5 stele, lunghe fino a tre metri e collocate su due file vicino al tumulo più grande sinora scavato, si presentava parzialmente rimosso ma, in larga misura ricomponibile. Interessante la composizione del “grande tumulo” che presenta al centro la tomba 25, femminile, con una parure di quattro fibule in bronzo sul petto e, ai piedi, un bacile in bronzo poggiato su una “tavoletta” di legno con intorno quattro ganci ad omega; sulle pietre che coprivano l’inumata erano poggiati degli spiedi in ferro.
Affiancata alla tomba centrale vi è la tomba 22, anch’essa femminile, con due fibule in ferro sul petto ed una bacinella in bronzo; ambedue le sepolture sono orientate ad est. Orientata a nord è invece la tomba 24, tagliata già in antico, che presentava un individuo, probabilmente di sesso maschile, con un pugnale o una spada in ferro. Una disposizione anulare, su due file, presentano le tombe 23, 26, 27, 30 e 31. La fila più interna è costituita da due tombe di infanti (numeri 23 e 3 1) con corredi abbastanza articolati dalle caratteristiche muliebri. La fila esterna presenta tre adulti: due uomini (tombe 27 e 30) armati del solo pugnale deposto a lato della gamba sinistra ed una donna (tomba 26) con una fibula in ferro sul petto. Analoga disposizione anulare ma con orientamenti opposti mostrano, nell’altro settore del tumulo, le due tombe di adulti prive di corredo (tombe 28 e 29).Una similare “organizzazione” si può notare all’interno del tumulo tagliato per metà dal canale. Al centro infatti è posta la tomba 13, probabilmente femminile, che reca un bacile e dei ganci ad omega in bronzo deposti ai piedi e degli spiedi in ferro; manca, purtroppo, l’eventuale corredo personale in quanto la sepoltura risultava tagliata all’altezza del bacino dallo scavo per l’impianto del canale. Con andamento anulare sono disposte le tombe 14 e 16 pertinenti a due individui adulti di sesso femminile, recanti, come corredo, una o due fibule in ferro sul petto.
Con orientamento ribaltato ma coerente alla disposizione anulare, risulta la tomba 15 pertinente ad un individuo adulto con pugnale e fibula in ferro. Non può non colpire il fatto che le deposizioni “centrali” dei due tumuli sopra esaminati siano riservate ad individui di sesso femminile, le uniche ad avere diritto ad elementi di prestigio come il vasellame metallico e i fasci di spiedi. Nella necropoli dei Piani Palentini le articolazioni più evidenti, rispecchiate dalle sepolture, risultano quindi quelle all’interno o degli individui infantili o di quelli di sesso femminile. E’ evidente altresì come, data la limitatezza numerica del campione attualmente disponibile, non sia proponibile una sua suddivisione in più specifiche fasce cronologiche. Nei dintorni della necropoli dei Piani Palentini sono noti, da ricerche di superficie, due abitati protostorici: il primo è posto sulla cima di Monte San Nicola, a quota 1090, e ricade ancora nel territorio di Scurcola Marsicana, l’altro, localizzato su Colle Lucciano, quota 747, è una lunga e bassa collina situata alla periferia dell’attuale paese di Magliano dei Marsi.
Un abitato dell’età del bronzo, in uso dal XIV secolo al X secolo, è stato localizzato invece nelle immediate vicinanze della necropoli, sulle pendici inferiori di Monte San Nicola, in località Chiuselle. Tentiamo ora di inquadrare la necropoli in esame nel panorama generale della protostoria abruzzese. Nella nostra regione esistono diverse tipologie di contesti funerari. Ci sono le necropoli in uso dalla prima età del ferro all’età arcaica, solitamente composte da tombe a tumulo e sovente associate alle roccaforti d’altura. E’ questo il caso di Le Castagne e Colle Cipolla nella conca Subequana, di Campo di Monte e Monte Boria nella piana di Navelli o di Teramo La Cona di cui ancora non conosciamo il relativo abitato. Vi sono poi le necropoli, a camera o a fossa senza tumulo, in uso dalla fine del VI secolo fino alla conquista romana dell’Abruzzo.
Si tratta di necropoli poste per lo più in pianura o su leggero declivio, associate ai grandi centri “protourbani” preromani. E’ il caso di Marchesa e Case Veldon nel teramano, di Nocciano, Vestea e Tocco Casauria nel pescarese, di Pennapiedimonte nel chietino, di Fonte d’Amore a Sulmona, di Macrano a Superaequum e, probabilmente, di Alfedena per rimanere in provincia dell’Aquila. Vi sono infine le necropoli in uso dalla fine dell’età del bronzo fino alla conquista romana. Sono in numero assai limitato e non destinato, a mio avviso, a crescere di molto con il proseguire delle ricerche.
In questa categoria possono rientrare Campovalano, Capestrano, Scurcola e, anche se esula dal nostro discorso, Borgorose. Si tratta di impianti cimiteriali pianificati, estesi, monumentali, di lunga ed ininterrotta durata, collocati ognuno in una diversa pianura, apparentemente sottratta ad ogni uso produttivo. Poiché non credo alla casualità della storia penso che ci si trovi di fronte a dei veri e propri “indicatori territoriali”.
Dei punti centrali di aggregazione culturale, strategicamente posizionati, in cui ogni specifica comunità (Petruzi, Vestini, Equi etc.) si riconosceva al di là del variare degli ordinamenti politici, delle mode e delle influenze esterne. Penso quindi che queste necropoli assolvessero, nell’Abruzzo del primo millennio, alle stesse funzioni che avevano avuti i templi megalitici nel neolitico maltese o che, grosso modo, avranno santuari ed edifici da spettacolo nell’Abruzzo romanizzato.
Testi a cura del prof. Vincenzo d’Ercole
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