Comune di Rocca Di Botte

278) Si leggano i contributi di Breitenbach, Hillmann; Wildhaber; Moser; Menardi. La Rigaux 1992, pp. 205-207 preannunciava un saggio in corso d’opera, segnalando nuovi casi in Italia; v. anche Dal Prà 1994, pp. 105-106 e De Grassi, p. 200.

279) Intendiamo la Germania meridionale, la Svizzera, l’Austria (specie il nord Tirolo e la Carinzia), l’Istria, la Boemia e la Slovenia; per quest’ultima regione citiamo l’esempio più articolato, degli anni Sessanta-Settanta, affrescato da Giovanni da Lubiana (figlio di un pittore attivo nella fiorente scuola di Fillach) sulla facciata della chiesa gotica a sala di Crngrob, km. 2 da Skofia Loka, circa km. 20 a ovest di Lubiana, staccato e trasferito nel Museo del castello di Losky Grad, v. Wildhaber, p. 19.

280) È interessante il riquadro sulla facciata della chiesa cimiteriale dei Ss. Filippo e Giacomo a Campitello [36], a ovest di Canazei lungo la statale per Moena, con affreschi di secondo Quattrocento della cerchia di Leonardo di Bressanone, v. Wildhaber, p. 16 e Menardi, p. 178.

281) Scegliamo alcuni casi. Il primo nella navata sud della chiesa di S. Miniato al Monte a Firenze, di inizio secolo, attribuito a Mariotto di Cristofaro, cognato di Masaccio, prossimo all’Angelico e a Masolino da Panicate (v. Breitenbach, Hillmann, pp. 23-24, 32; Wildhaber, p. 14; Cohn, p. 65; Tartuferi, p. 208 e fig. 19). Segue quello nella chiesa di S. Martino a Gualdo, frazione di Castel-santangelo sul Nera (prov. Macerata), realizzato tra l’ottavo e il nono decennio del Quattrocento da Paolo da Visso (v. Wildhaber, p. 14; Venanzangeli, pp. 132-133; B. Rossi). L’ultimo è nel santuario della Madonna delle Grazie, detto Icona Passatora presso Amatrice (prov. Rieti), tra le frazioni di Ritrosi e Ferrazza, vicino il confine con le Marche e l’Abruzzo, in un contesto di affreschi di fine Quattrocento, restaurati da ultimo nel 1995; concordiamo per l’attribuzione della nostra scena con Verani 1976, pp. 255-257, che suggerì il Maestro della Madonna della Misericordia; altre
indicazioni sono in Di Carlo, pp. 203-217.

282) Selezioniamo alcuni testi curiosi. Per Firenze: CHI NO GUARDA LA DOMENICA SCA(SANCTA) ET A XPO (CRISTO) NO A DEVOTIONE DIO GLI DAR[A] L'[AE]TERNA DANATIONE. Per Castelsantangelo sul Nera ricordiamo che l’epigrafe è divisa in due sezioni: In quisto modo offerimo la s(an)cta Domenica // Li diavuli cu li lacci han pigliati quilli ch[e] / le domenech[e] et le feste com(m)andate no/n a honorate et santificate et parer[à]/ dolcie lo p[eccato] p(er) mena(r)ce alle pen(itentie) ta(n)to ama[re], v. Venanzangeli, p. 133. Per Amatrice sfruttiamo la trascrizione di D’Achille 1992/1997, pp. 233-234: Io · so · (Cristu) · e o(n)ne · p(er)sona · medena · fici · ladomeneca · cheservardasse · tucte · larte ·ame · offene / Qesta · feura · afacta · fare · lefemene · p (er) sua · deutione · […] MCCCCLXXXX[…]; In lingua corrente suona: “Io sono Cristo, e ogni persona m’intenda: feci che si osservasse la domenica; tutte le arti mi offendono. Questa figura hanno fatta fare le donne per loro devozione”.

283) Gougaud, pp. 213-215.

284) È noto quello a penna di inizio Quattrocento, di anonimo autore tedesco del nord, nell’ultima carta dell’enciclopedia spirituale custodita nella Biblioteca Casanatense di Roma, ms. 1404, v. Breiten-bach, Hillmann, fig. 2 p. 29 (con relative pagine) e Wildhaber, pp. 20-21.

285) Wildhaber, pp. 21-22, fig. 30 segnala un testo prodotto a Basilea verso il 1475, oggi conservato nella sezione stampe e disegni del Britsh Museum di Londra. Citiamo anche una coeva stampa popolare romana (accompagnata da una curiosa didascalia, v. D’Achille 1992/1997, p. 233 nota 42), ove i
fedeli ascoltano un sermone dal pulpito vicini al Cristo eretto .

286) A Sermoneta ci sono i SERTURI, ma potrebbero essere anche i sarti, v. la nostra nota 251; D’Achille 1992/1997, p. 230 e nota 32 legge diversamente SPRIURI, che traduce con spergiuri.

287) Da mercatare, cioè vendere all’ingrosso e al minuto sia in bottega che, a un livello inferiore, da itineranti, v. Pini 1980/1983, pp. 803, 810.

288) Cfr. Le Goff 1963b/1977, pp. 55-57; Gutton, p. 25; Geremek 1980/1985, pp. 48-50; Catella, pp. 268-270; Pullan, Woolf, p. 1010.

289) I corsivi nel testo e gli stralci che seguono sono ricavati da Garzoni, cc. 341v-342r: Bravi d’altro che di ciance e di parole […] a farsi avanti in ogni hora, ogni punto, ogni momento, [pronti ad] adular con le parole, ingannar con le trovate, seminar zizania, generar dissenzione, partorir malivolenze […], tinti di sangue e di carne.

290) Gurevic 1987/1991, p. 283 ricava l’espressione da Bernardino da Siena.

291) Affrontano viaggi, si espongono alle difficili relazioni con le controparti, sanno far compagnie […], affittare […], investire […], vendere […], fare scritti […], dare sicurtà, v. Garzoni, c. 237r. Le Goff 1963b/1977,
pp. 56, 64 sottolinea come ormai superato nel Trecento il relativo tabù del denaro; v. anche Gurevic 1987/1991, pp. 291, 298, 313-315; Forni, p. 67; Todeschini 1986, pp. 34-37; Le Goff 1986/1987, p. 67.

292) Citiamo dal noto Sermo X di Bernardino da Siena, p. 180: Ut revideant rationes suas aut societatum sua-rum, ibique apponunt totum cor suum, omni devotione et diei festi sanctificatione negletta.

293) Così afferma il senese in un’omelia in volgare pronunciata nella sua città natale nel 1425, v. Cannarozzi 1958, vol. I, n. 19, pp. 270, 280. Analoghe sono le considerazioni di Bernardino da Feltre, v. Monaco, pp. 180-182. Per tale tipo di ozio, v. Le Goff 1986/1987, pp. 33, 36, 42.

294) Con belle e melliflue paroline […], mille giuramenti e simulati scongiuri, per tacere a posta i difetti [della merce], v. Garzoni, cc. 236v-237r.

295) Con le robbe falsificate, con le mercantie corrotte e appestate; intricano e scorticano i cittadini co’ scritti di mano et con obligationi […], con mille usure e interessi divorano la sostanza di tutta la plebe […], crescono il precio […] e mettono penuria quando loro piace; [operano] cambij ingiusti, hora con permute illecite, hora con compre inique, ibidem. Cfr. anche Ghinato 1973, p. 74.

296) Gurevic 1987/1991, p. 279.

297) Cfr. Le Goff 1986/1987, pp. 28, 33, 44. Interessanti sono le invettive emesse da Bernardino da Feltre, segnalate da Monaco, pp. 183-184.

298) Cfr. Le Goff 1986/1987, pp. 37, 51, 64, 74, 83 e Gurevic 1987/1991, pp. 282-283, 288, 301-312. Sui limiti della confessione in punto di morte, v. Muzzarelli, pp. 118-121, che rinvia a una predica tenuta a Siena da s. Bernardino in tempo di Quaresima nel 1424; per l’omonimo santo da Feltre, v. Monaco, pp. 185-186.

299) Il numero sette nella simbologia medievale e moderna era considerato perfetto, somma di quattro, numero del corpo, e di tre, numero del cielo, come proponeva Ugo di San Vittore, v. Delumeau 1983/1987, p. 354. Ricordiamo che la distinzione tra vizi e peccati era nota solo ai teologi di morale, che fissarono graduatorie interne, cercando collegamenti anche di ordine psicologico utili alla memorizzazione, v. Wenzel 1960/1982, pp. 4-12, 44-45 e Casagrande 1994, p. 364. Ne parlarono dapprima il monaco orientale Giovanni Cassiano nel V secolo, Gregorio Magno a inizio VII, e Ugo di San Vittore nella prima parte del XII secolo, per i quali v. in sintesi Casagrande, Vecchio 2000, pp. XI-XIII. Certo i vizi capitali acquistarono nel tempo diversi caratteri, ed era difficile distinguere tra peccati mortali e veniali e tra quelli visibili al pubblico (reati) e occulti (mentali), v. Brambilla, p. 522. Per una
documentata rassegna sui capitali, v. Bloomfield; Wenzel 1968; Delumeau 1983/1987, pp. 387-428; i lavori di Casagrande 1993/1994 e Eadem 1994, compreso il suo contributo in collaborazione con Vecchio, in Casagrande, Vecchio 2000.

300) Baschet 1993, p. 343.

301) Le singole lettere si riferiscono alle iniziali maiuscole dei seguenti vizi: superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia, accidia.

302) Baschet 1993, p. 335 lo ricava dal predicatore Giordano da Pisa.

303) Little 1971.

304) Egli dedicò agli usurai ben venticinque capitoli del suo Confessionale Defecerunt, sezione della ponderosa Summa moralis, v. Delumeau 1983/1987, pp. 401-402.

305) È sufficiente ricordare il citato Sermo X, p. 171.

306) Cfr. la xilografia delle Ars moriendi il cui testo corrisponde alla quinta tentazione diabolica, v. Castelli, p. 112; Aries, p. 147; Frugoni 1979/1985, p. 355.

307) Per un’ampia discussione, v. Casagrande, in Casagrande, Vecchio 2000, pp. 96-123.

308) Francesca Romana parlava di femine e vedove pazze e di femine vane, v. Armellini, pp. 319-320.

309) Cfr. il capitolo curato da Casagrande, in Casagrande, Vecchio 2000, p. 156.

310) Cfr. Gurevic 1981/1986, pp. 149-152; Delumeau 1983/1987, pp. 390-401; Vecchio, in Casagrande, Vecchio 2000, pp. 174-175.

311) Cfr. Casagrande, in Casagrande, Vecchio 2000, p. 166.

312) Cfr. Bernardino da Feltre, in Monaco, p. 142; v. anche Muzzarelli, pp. 90, 128.

313) Cfr. il capitolo curato da Vecchio, in Casagrande, Vecchio 2000, pp. 127-128, 135-137.

314) Moralia in Job, XXXI, 45, 87-90, in Migne, P.L., vol. 76, pp. 620-621. Nelle più antiche classificazioni ottonarie, frutto della cultura monastica orientale, essa occupava il primo posto (v. Evagrio Pontico, eremita del deserto egiziano vissuto nel tardo IV secolo, e il suo noto allievo Cassiano, cfr. Little 1971, p. 18). Burcardo di Worms gli dedicava un intero canone del suo penitenziale, il n. 6, compensato dalle virtù del successivo, v. A pane e acqua…, pp. 105-110; cfr. anche il capitolo curato da Vecchio, in Casagrande, Vecchio 2000.

315) Baschet 2000, p. 245.

316) Cfr. Casagrande 1994, p. 370 e Muzzarelli, p. 127; per i rimproveri espressi da Bernardino da Feltre,v. Monaco pp. 146-152.

317) Cfr. le visioni di s. Francesca Romana, in Pelaez, p. 382.

318) Tale vizio non era più prerogativa dei religiosi, alcuni dei quali, specie nell’altomedioevo, erano tiepidi nel fervore, distratti nella preghiera, superficiali nella confessione, annoiati nell’ascoltare le prediche, irriguardosi nell’accostarsi ai sacramenti, incapaci di sopportare i ritmi della vita comunitaria. Costoro non combattevano la pur positiva aridità dell’animo, non pregavano assiduamente, non perseveravano nelle opere di carità, poco fidavano nella provvidenza divina, v. Wenzel 1960/1982, pp. 25-42 e Delumeau 1983/1987, pp. 319, 415-422.

319) Cfr. in sintesi Casagrande, in Casagrande, Vecchio 2000, pp. 89-91.
320
Schmitt 1976 precisa che il termine includeva una vasta categoria di persone, la cui cattiva fama ricadeva sui parenti. Il diavolo insidiava tali anime incerte, specie se gravate da esperienze dolorose (malattia, solitudine, guerre) o toccate da squilibri psichici. La Chiesa suggeriva come rimedio le frequenti confessioni e la ripetizione di semplici espressioni o gesti, come il segno della croce.

321) Le più note riguardavano i pensieri, le parole e le azioni, i cinque sensi corporali (detti allora “sentimenti”) e i cinque spirituali, i sette doni dello Spirito Santo, le tre virtù teologali e le quattro cardinali, i sette sacramenti, le otto beatitudini evangeliche, le sette richieste o invocazioni del Padre Nostro, i dodici articoli del Credo, le sette opere di misericordia spirituali e le sette corporali; v. in sintesi Vecchio, in Casagrande, Vecchio 2000, pp. 193, 207-209. Baschet 1993, pp. 340-343 segnala le tre concupiscenze della carne, dell’occhio e della vita distante da Dio (cfr. 1 Gv 2, 16); è utile di nuovo Vecchio, in Casagrande, Vecchio 2000, pp. 210-211.

322) Fu ideato da Tommaso di Chobham nel primo Duecento; fu integrato a inizio Quattrocento da Giovanni Gherson e a fine secolo da Michele Carcano, v. Casagrande 1993/1994, pp. 275-278; più in genere, ivi pp. 264, 267-268, 272 e il contributo di Vecchio, in Casagrande, Vecchio 2000, pp. 214-217.
Minore successo ebbero i sette salmi penitenziali, non facilmente combinabili con i vizi capitali, v. Voelkle, pp. 101-108.

323) L’Osservante Giovanni da Capestrano li collocava tra i nemici che laceravano la veste di Cristo, v. Todeschini 1986, p. 39.

324) Per approfondire, v. Graf 1882-1883/1915, pp. 786-795; Anderson, capp. III, V; Bigalli, pp. 10-11, 23-24, 31, 40, 65-66; Baltrušaitis, pp. 174-193; Kappler 1980, pp. 48-49, 170-171; Tardiola 1990, pp. 91-101.

325) II Re 17, 5-22; Ez 38, 14-16; Ap 20, 7-9.

326) Da loro derivavano i Monghol, che si ritenevano i figli dei lupi, mentre gli occidentali li giudicavano onnivori consumatori di immondizie e di animali, v. Kappler 1980, pp. 134-135.

327) Oggi corrisponde al valico del Derbent in Afghanistan.

328) Nelle varie redazioni della nota Lettera spedita dal leggendario prete Gianni ai potenti della terra (l’autore sembra un anonimo chierico di metà XII secolo) si parlava di un cattivo e potente reame, oltre l’Islam, cui tributavano onore l’impero indiano e il sovrano dei Tartari.

329) Furono inizialmente patrocinate da Innocenzo IV e affidate per lo più a Francescani (tra cui il perugino Giovanni da Pian del Carpine, che descrisse con toni negativi le vicende) e a Domenicani (ricordiamo Simone di St. Quentin), puntuali sempre nelle informazioni, registrate in parte da
Vincenzo di Beauvais nello Speculum historiale, l. 32.

330) Cfr. ancora Vincenzo di Beauvais, con le sue equilibrate osservazioni sull’ambiente culturale ed etnografico, inscritto nel piano provvidenziale di Dio, v. Van den Brincken e Kappler 1988/1990; più in genere sull’autore, v. Scarpati, pp. 107-108.

331) Ricordiamo i noti Travels di John Mandeville, trattato geografico di metà Trecento, presto volgarizzato e conosciuto in Italia con il titolo di Libro delle Meraviglie.

332) Cfr. Delumeau 1978, pp. 404-414 e Farenga 1993, pp. XVIII-XX.

333) È interessante leggere Sansy, pp. 128-131.

334) Cfr. Kriegel; Delumeau 1978, cap. IX; Iancu-Agou, pp. 262-263; Russel 1990, pp. 138-139; Margo- lin. Per la prudenza necessaria nell’interpretare le fonti di parte, v. Boesch Gajano 1988, pp. 16-17 e Toaff 1988, pp. 37, 40-41.

335) Tra i più noti, v. il Pugnale della fede dello spagnolo domenicano Raimondo Martini di fine Duecento, e il Fortalicium fidei del conterraneo francescano Alfonso di Spina, converso e quindi doppiamente agguerrito, il cui testo fu conosciuto in molte edizioni a partire dalla metà del Quattrocento, v.
Todeschini 1983/1985, pp. 222-227.

336) Per le controversie discusse solitamente in luoghi pubblici e per gli scritti polemici elaborati quasi sempre da laici, v. G. Fioravanti.

337) Delumeau 1978, pp. 451-455.

338) Vi erano il teatro religioso, sostenuto anche da quello comico-profano con misteri, giochi e drammi agiografici (v. Delumeau 1978, pp. 431, 433) e la narrativa (Poliakov, p. 148); gli Ebrei erano inoltre distinti da segni, abiti e copricapi di particolari tinte; si vietava poi ai cristiani di consumare la loro
carne casher e il vino rituale, perché preparati da mani e piedi ritenuti immondi.

339) Il rito si svolgeva in massa e non a caso coincideva con sfavorevoli congiunture economiche, nella speranza di eludere condanne, tasse e pene pecuniarie. I vantaggi per i cristiani novelli erano uscire da un prolungato disagio e racimolare un gruzzolo con le elemosine elargite dai papi. Sull’arg omento, v. Delumeau 1978, pp. 327, 435, 449; per Roma, v. gli interventi di Esposito (1983a, p. 830; 1983b, p. 52 nota 96; 1986/1988, p. 120); per l’Umbria, v. Toaff 1986/1988, pp. 108-109.

340) Delumeau 1978, pp. 457-459 e Toaff 1989, p. 39. 341 Cfr. Esposito 1983a, p. 821 nota 57; Eadem 1983b, pp. 68-71; Toaff 1986/1988, pp. 109-110. Purtroppo negli atti di credito stipulati da notai fra membri di una stessa categoria non sono indicati l’interesse e il pegno, v. Ait 1992/1993, pp. 483, 490-492.

342) Estesa è la bibliografia a riguardo, tra cui selezioniamo Todeschini 1989, specie pp. 157-179 e Bonfìl, pp. 26-54. Sul tema, oltre le invettive di Bernardino da Siena e del giurista Giovanni da Capestrano (v. Todeschini 1983/1985, pp. 210-213 e Idem 1986 pp. 27-29, 34-37), sono utili le
considerazioni di un “tecnico” come Bernardino da Feltre (v. Monaco, pp. 176-179, 186-195).

343) Delumeau 1978, pp. 427-435, 457-465.

Testi tratti dal libro Pittori di frontiera

Testi a cura della dott.ssa Paola Nardecchia 

avezzano t2

t4

avezzano t4

t3

avezzano t4

t5