Comune di San Vincenzo valle Roveto

“Mea”

Nella vita di Mea si nota un’analogia impressionante con quella della pastorella del “Cantico dei Cantici”, chiamata “Sulamite”, cioè “la pacifica”. La pastorella del “Cantico”, come si é detto, é simbolo della nazione israelita che si trova in esilio, ma che pensa al suo Dio, che e per lei più che Sposo, é il “Diletto”: pensa al Tempio lontano e anela ardentemente di poter tornare in patria per riunirsi definitivamente col suo “Diletto”. La pastorella (Israele), dunque, manifesta il suo amore per lo sposo assente (Dio) e riconosce di essere “bruna” e “disprezzata dai suoi fratelli”.

Il colore bruno della pelle designa molto bene che la pastorella non abita più nella sua casa, ma più o meno in capanne e, all’aperto (= in esilio), e stata abbronzata dal sole… I fratelli della pastorella la sdegnano perché innamorata del “Diletto”. (I popoli confinanti con Israele, collaboratori degli Assiri e dei Babilonesi, sdegnavano Israele perché era rimasta fedele al suo Pastore, cioè a Jahvè). Dinanzi alla tentazione del “seduttore”, che la saluta con immagini mirabolanti e le suggerisce di andare a vivere con lui in un palazzo principesco, la pastorella (Israele) pensa nuovamente allo Sposo lontano e, quasi vedendoseLo dinanzi, non solo ne canta le lodi, ma Gli dice chiaramente che, alla reggia principesca, preferisce vivere con Lui anche.in un povero chiosco di semplici frasche, e poi si paragona a fiorellini di campo, esattamente al narciso e al giglio, simboli rispettivamente dell’umiltà e della purezza.

La pastorella non e contenta ancora: sente il bisogno di svelare il suo amore alle “figlie di Gerusalemme” (nazioni pagane imparentatesi con Salomone) e immagina l’amplesso del Diletto. Passiamo ora alla nostra Mea. Anche lei e una pastorella e si trova quaggiù come in esilio: … e un piccolo fiore caduto dal Cielo su questa valle di pianto per profumare, illuminare, salvare. Su questa terra d’esilio pensa allo Sposo lontano, a Dio, il suo vero, grande, unico Amore. Anche lei, come pastorella, e abbronzata dal sole, non tanto materiale, quanto piuttosto dalle continue sofferenze e dalla indigenza più nera. Anche lei e sdegnata dai suoi stessi “fratelli”, dai suoi paesani che non capiscono come mai di lei, proprio di lei, l’ignorantella, si sia andato ad innamorare il Pastore delle anime. Mea pero non cede alle dicerie, e immagina di vedere Gesù a lei vicino e si paragona a un fiorellino del campo, profumato d’umiltà e di purezza; pur tuttavia ha desideri straordinariamente alti, sublimi… E Gesù non tarderà a venire, a farsi sentire, a farla Sua sposa per sempre…

Testi tratti dal libro Il cantico di Mea

Testi a cura di D. Gaetano Meaolo

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