Nel Liber Pontificalis si legge che Bonifacio IV, “figlio di Giovanni medico”, nacque nella “città di Valeria della nazione dei Marsi”. Non è fuori luogo innanzi tutto chiarire che anticamente esisteva una città, che si chiamava Varia o Valeria, oggi corrispondente a Vicovaro, presso Tivoli; ma essa, trovandosi nella regione degli Equi, non poteva appartenere alla nazione dei Marsi.
Gli scrittori di storia marsa, il Febonio, il Corsignani, il Di Pietro, nel fare il nome di Valeria, quale città, intendevano senza dubbio riferirsi alla città più antica dei Marsi, cioè Marruvio, che, per il suo trascorso splendore, ben poteva riassumere la ” provincia “, identificandosi con essa, denominata Valeria, perché attraversata dalla omonima via romana. Così, da compiuti prelati, non osando essi contraddire la dizione del Liber Pontificalis, erano certi di non alterare il proprio pensiero, conoscendo bene, oltre tutto, Mistoria Langobardorum di Paolo Diacono, nella quale è detto con chiarezza:” Ritengo pertanto doversi annoverare anche la regione dei Marsi nella provincia Valeria”.
Si può dire, inoltre, che qualsiasi opinione in merito, e precisamente del Duchesne (1), del Holstein (2), del Romanelli (3), del Fernique (4), viene in modo inequivocabile convalidata e superata dal fatto che San Bonifacio IV fondò nella sua casa paterna il monastero di San Benedetto, da cui prese il nome l’abitato, che era rimasto dell’antica città di Marruvio, dopo il trasferimento della sede vescovile a Pescina. Dalla professione del padre si arguisce lo stato di benessere economico della famiglia del Pontefice, che ebbe una istruzione ed una educazione convenienti; con molta probabilità avrà compiuto i suoi studi in Montecassino, per avere subito seguito le orme di San Benedetto, accogliendone la perfetta regola e rivelandone lo spirito con grande fedeltà. Sotto il pontificato di S. Gregorio Magno gli furono affidati importanti incarichi, tra i quali quello di “Dispensator Ecclesiae Romariae”, in cui fece risplendere la carità del Grande Gregorio, durante la gravissima carestia e pestilenza, che afflissero Roma.
Fu consacrato Pontefice il giorno 15 settembre dell’anno 608, data che si desume dalle vite di Bonifacio III e IV del citato Liber Pontificalis; e nello stesso anno, o nel 609, consacrò a S. Maria ad Martires il magnifico e grandioso tempio di Agrippa, noto sotto il nome di Pantheon, che aveva sfidato per tanti secoli le inondazioni del Tevere ed ogni altra minaccia, preservandolo cosi dal pericolo di eventuali devastazioni da parte degli uomini. Ecco come è ricordato l’avvenimento nelle pagine del Liber Pontificalis: ” Bonifacio chiese all’imperatore Foca il tempio chiamato Pantheon e lo converti in chiesa, dedicandolo a Maria Santissima e a tutti i Martiri, alla quale chiesa l’imperatore mandò ricchi donativi”. In tal modo la madre dea Cibele, alla quale probabilmente era sacro quel tempio, cedette il suo trono a Maria, madre di Dio, ed il tempio degli Dei divenne quello dei Martiri (5). Da allora si diffuse, dalla Rotonda di S. Maria ad Martires, lo spirito di venerazione per tutti i Santi, commemorati il l’ novembre, cui dopo si aggiunse, nel giorno seguente, il mesto suffragio memore per tutti i morti in beatitudine.
Per stabilire norme definitive sulla vita dei monaci, allora assai numerosi, sulla loro regola, sul loro uffici, il 27 febbraio del 610, Bonifacio 1V convocò in Roma il Sinodo dei Vescovi d’1talia, al quale partecipò anche Mellito, vescovo di Londra. Contro coloro, e non erano pochi, che negavano al monaci la dignità sacerdotale e quindi il potere di celebrare il Sacrificio Eucaristico, di assolvere dai peccati, di imporre la penitenza, il Sinodo di Roma stabilì che ” era lecito ai monaci ministrare ovunque con il sacerdotale ufficio “. Nel mese di giugno del 610 si recò sulla montagna di Carsoli, tra Pereto e Rocca di Botte, per dedicare una piccola chiesa sotto il titolo di ” Maria Santissima dei Bisognosi “, di cui si era diffusa dappertutto la fama dei miracoli: anzi, Egli stesso, sempre sollecito per l’umanità sofferente e bisognosa, fu miracolosamente liberato da un male inguaribile, secondo quanto si legge in un manoscritto, copia di una pergamena del secolo VII, in possesso della famiglia Maccafani di Pereto. In tale occasione Bonifacio 1V offri molti doni alla piccola chiesa (tra i quali una miracolosa croce, che ancora si può ammirare), elargì abbondanti elemosine ai poveri, ed arricchi il tempio di molte indulgenze. Della, dedicazione della chiesetta, compiuta da Bonifacio IV, fa menzione anche una iscrizione in una lapide, posta il 14 settembre 1781, nel tempo, in cui si conservava la originale pergamena con la storia dell’Effigle della Madonna.
Nello stesso anno, Bonifacio IV inviò una lettera ad Ethelberto, re degli Inglesi, sulle decisioni del Sinodo romano riguardo ai monaci, ed ancora un’altra con la quale concesse vari privilegi al monastero dei SS. Pietro e Paolo in Londra. Ebbe pure con S. Colombano, apostolo dei Celti, uno scambio di corrispondenza sulle questioni, che si agitavano allora nella Chiesa d’Inghilterra, cioè sulla liturgia e particolarmente sul computo del tempo per la celebrazione della Pasqua. Nelle relazioni con la Chiesa d’Inghilterra, S. Bonifacio appare paterno e conciliante, sull’esempío del venerato predecessore S. Gregorio Magno, diligentemente dedito a far crescere sana e forte la nascente organizzazione ecclesiastica inglese; può essere pertanto annoverato tra i Padri di quella Chiesa con San Gregorio Magno e con S. Agostino.
La sua sapienza e prudenza rifulsero ancora nella questione dei Tre Capitoli, che fin dal tempo di S. Gregorio Magno, aveva provocato in Aquileia del Friuli un grave scisma; il Papa si adoperò, affinché in quella Chiesa, illustre ed importante, ritornasse la concordia e la pace, nella sana dottrina evangelica.
Le sue elette qualità di Sommo Pontefice si rivelarono anche nelle circostanze più semplici e di minore impegno, come nelle due lettere che scrisse il 23 agosto dell’anno 613, dirette una al vescovo di Arles, Floriano, ed un’altra a Teodorico, re dei Franchi, sul medesimo argomento, riguardante l’elezione episcopale dello stesso Floriano: quella diretta al vescovo ed al suo popolo è piena di paterno compiacimento, di pastorale affetto e di sapienti consigli per il ministero episcopale; l’altra scritta a Teodorico, più breve, contiene un passo significativo in ordine al beni della Chiesa. “Affinché voi vinciate non so lo con la fede, ma anche con l’azione, riteniamo assai necessario raccomandarvi i beni ecclesiastici, che d’altra parte anche voi tenete a cuore, affinché quello che i poveri del Beato Pietro, Principe degli Apostoli, hanno conseguito per vostra reale elargizione, per mezzo vostro possa essere aumentato “.
Mori il 25 maggio dell’anno 615 e fu sepolto presso il “Beato Pietro Apostolo”. Nel medioevo si ignora il culto di Bonifac’o IV, ma forse, tra il popolo, era ricordato e venerato; ed è per questo che Bonifacio VIII, quando furono ritrovate le sue ossa, scrisse il suo nome nell’indice dei Santi, erigendogli un’ara con una iscrizione, che ancora si può leggere nella Basilica Vaticana, e nella quale si riassumono le gesta del santo Pontefice, gloria fulgida della Chiesa dei Marsi (6). Queste le notizie salienti, che riguardano il suo Pontificato, le cure del quale non distolsero l’attenta premura del Santo verso la terra natale, alle cui popolazioni non fece mancare suo valido sostegno nei momenti più duri dell’invasione longobarda.
Il suo forte animo, educato alla regola benedettina, resse allo strazio dei paesi marsi, sottoposti alla furia barbarica, ma comprese l’impellente esigenza di porvi in qualche modo rimedio. Imezzi possenti, che pose al servizio della sua gente oppressa, furono quelli della carità, sorretti dalla fede incrollabile, sicura garanzia del felice esito dell’impresa. Un’azione diretta a temperare i costumi dei barbari ‘ attraverso una efficace operazione religiosa in seno alle loro orde, stanziatesi nella Marsica, poteva essere un motivo molto serio perché i barbari stessi, a contatto sempre più stretto con la civiltà e con la religione cattolica, aderissero ad una maniera di vita, volta a umana comprensione delle libertà dei vinti ed ispirata a maggiore mitezza: donde la possibilità di una convivenza cristiana nel vero senso del l’espressione, che in effetti non tardò a verificarsi.
Un simile miracoloso mutamento poteva essere compiuto soltanto dal suoi fratelli Benedettini, al quali S. Bonifacio IV rivolse il suo pensiero nelle sollecite ansie per i miseri conterranei.
Il primo suo atto pertanto fu quello di trasformare la sua casa paterna in monastero benedettino nella città di Marruvio, distrutta nel primo periodo della decadenza dell’Impero e risorta col nome di Marsi o Marsia ad opera di Teodorico, re dei Goti, secondo Rosato Sclocchi; ciò fece, come si è visto, con spirito di amore filiale, con l’intento di dare inizio alla sua opera ricostruttiva della Chiesa dei Marsi e quindi delle sue popolazioni. 1 buoni frutti non si fecero attendere, perché alla fondazione del primo cenoblo di San Benedetto seguirono nell’anno 630 quello di Santa Maria di Luco, presso i ruderi del tempio di Angizia, e quindi quello di S. Pietro in Albe sul tempio di Apollo, quello di S. Salvatore presso il tempio di Giove Statore nell’ambito di Avezzano, quello di Santa Maria di Cese, quello di Santa Maria in Porclaneta presso Rosciolo, e quelli nel Carsolano e nella Valle di Luppa, tutti con chiese di meravigliosa bellezza architettonica, alcune delle quali sfidano ancora il tempo, conservando l’antico splendore artistico in seguito ai restauri della Soprintendenza al Monumenti e Gallerie d’Abruzzo.
Questi cenobi, con le loro chiese, furono fari di luce e operarono intensamente in favore degli abitanti della Marsica, sin dai primi momenti della loro istituzione, rivelando piena rispondenza allo spirito loro impresso dal Papa S. Bonifacio IV, che volle risollevare le condizioni dei vari paesi della sua regione, miseramente oppressi dai Longobardi. Si ebbe in tal modo la rinascita graduale delle popolazioni marse in ogni loro attività, come risulta nel precedente capitolo.
Giovanni Pagani
t4
avezzano t4
t5