E’ difficile tracciare un profilo critico dell’arte di Berardo Amiconi, non essendo possibile, allo stato attuale delle ricerche studiare direttamente gli originali che, fatta eccezione per due ritratti incompiuti e due bozzetti, sono sparsi in collezioni private, specialmente in Inghilterra, dove l’artista svolse pił lungamente la sua attivitą, nonché in Russia e in Grecia, da cui provenivano molti suoi committenti. In Italia attualmente abbiamo solo il ritratto di Teresa Brambilla Ponchielli nel Museo alla Scala di Milano. Abbiamo perņ delle riproduzioni fotografiche in bianco e nero di alcuni suoi dipinti, fotografie che l’autore rimetteva ai suoi parenti e amici a documentazione della propria attivitą.
Possediamo inoltre l’elenco di suoi dipinti, che esponeva annualmente nella Royal Academy dal 1859 al 1874, riportato dal Comandi nel Dizionario illustrato di pittori, disegnatori, incisori italiani moderni e contemporanei. Gli altri repertori, che riporteremo in bibliografia, non vanno al di lą della semplice notizia biografica, talvolta anche errata, o comunque imprecisa. Attraverso una piccola fotografia, sbiadita dal tempo, conosciamo del periodo napoletano il dipinto Rivista dello zar Nicola I, gią nel Museo di Capodķmonte e poi scomparso. E’ regolarmente inventariato (1), ma manca persino la documentazione iconografica leggibile. Lo schema del di into č il tradizionale, ma reso in forma pił lineare, pił semplice. Per certi particolari non siamo lontani dalla maniera del Fattori dei primi tempi. Un raffronto puņ esser fatto col bozzetto della Battaglia di San Martino del Livornese. Tecnicamente ormai l’Amiconi era divenuto padrone del mestiere, per muoversi cosi liberamente fra tante figure, alcune delle quali – come quella del Duders e dello Zar – veri e propri ritratti, secondo quanto scrive l’autore stesso in una sua lettera. La vasta pianura sfuma in lontananza delimitata da colline appena accennate, che si confondono col cielo. Il paesaggio e squallido, cosķ come č testimoniato anche dalle lettere.
Al lato sinistro un gruppo di cavalieri č in attesa e osserva il movimento dell’altra ala che avanza verso il centro dove lo Zar si incontra con gli alti ufficiali e con lo stesso generale Duders, comandante dell’esercIto. In questo dipinto, per la spazialitą d’insieme (il cielo e le colline sfumanti all’orizzonte occupano ben tre quarti della tela), si possono ravvisare reminiscenze dei vedutisti napoletani del Settecento, che si rifanno a quella tradizione che ha inizio con Salvator Rosa.
Siamo ancora nel campo della pittura accademica, cosi come si insegnava nelle scuole e che, nel campo di pitture ispirate a riviste militari o a battaglie, proseguirą ancora per buona parte dell’Ottocento. Abbiamo notato il caso del bozzetto di Giovanni Fattori; possiamo ricordare anche il Napoleone III a Soljerķno di Meissonier del Louvre.
Delle altre opere di questo periodo, purtroppo, non abbiamo alcuna documentazione iconografica. Sappiamo solo che intensa fu la sua attivitą e anche di pregio, se ebbe la ventura di partecipare in compagnia del Duders alla Rivista dello Zar di Tutte le Russie. Per tracciare, quindi, un profilo critico dell’Amiconi, dobbiamo giungere al periodo londinese, che fu quello della maturitą dell’artista. Egli abbandona definitivamente dipinti dalle molte figure. Certamente a questo nuovo orientamento deve aver contribuito il contatto con l’ambiente artistico londinese e i gusti di quella societą. Se fosse rimasto in Italia forse anche egli avrebbe pagato il tributo al grande quadro storico di sapore romantico e alla illustrazione di qualche episodio eroico del Risorgimento. Ciņ nonostante l’Amķconķ fu pittore romantķco, di un romanticismo perņ contenuto, lontano sia dalla retorica eroica dei primi tempi dai toni melodrammatici che da quell’atmosfera patetica e svenevole, in cui il grande movķmento si andava dissolvendo per lasciare il posto al verismo e per riciclarsi e sciogliersi poi nel decadentismo.
Pensiamo, a mo’ d’esempio, a un Tranquillo Cremona, piś giovane dell’Amiconi di un decennio, in cui la tenerezza sentimentale del Bacio dell’Hayez diventa abbandono, sdilinquimento, svenevolezza, smanceria (3). Ho citato il Cremona in quanto fra i nostri pittori del Secondo Ottocento č il piś vicino, sotto certi aspetti, all’Amiconi, specialmente per quanto riguarda il mondo liricosentimentale. on possiamo, tuttavia, comprendere l’arte dell’Amiconi, se non teniamo conto degli influssi culturali che dovette mutuare dalla letteratura e dall’arte inglesi. Lesse Shelley, Keats, Byron: il primo con la sua struggente poesia, che anima ogni oggetto naturale di una vita divina, il secondo con il suo “idoleggiamento estetizzante della bellezza greca”, il Byron non per il suo ribellismo e titanismo morale, tanto lontano dalla sensibilitą dell’Amiconi, ma per la dolce e sventurata Haidée, che riesce col suo fascino a suscitare nel libertino Don Giovanni sentimenti di alta e pura poesia (4). Ma l’influsso maggiore e piś profondo l’Amiconi lo doveva ricevere da quelli che erano i gusti e le preferenze della pittura inglese, nata e sviluppata quasi esclusivamente per venire incontro alle richieste della nobiltą inglese, desiderosa in modo particolare di farsi ritrarre. Ritrattistķ furono infatti i due iniziatori dell’arte inglese: Sķr joshua Reynolds (1734-1802), primo Presidente della Royal Academy, e Thomas Lawrence (1789-1830), che ritrasse signore e bambini, toccati da luci fluttuanti e ondulatorie. Per comprendere l’arte dell’Amiconi, non possiamo prescindere da questi ultimi (5).
La sua arte si evolve ancora sotto gli influssi dei gusti della polemica fra classicismo e romanticismo, che si svolgeva pure nella Royal Academy, sebbene facesse sentire ancora i suoi effetti l’ereditą di un Reynolds dal classicismo eclettico, raffaellesco, correggesco (6). Da questo momento nella pittura dell’Amiconi le immagini vengono immerse in una atmosfera vibrante di sogno. La struttura compositiva č ancora solida e il delicato giuoco delle ombre č raggiunto da leggeri ombreggiamenti e finissime e delicate velature. Si sprigiona un profumo di delicata poesia e le immagini si dissolvono nel sogno. Diamo uno sguardo alla fig. 2. Penso che si tratti della Maschera fiorentina del 1859. Il volto č delicatissimo ed č contornato da soffici capelli, divisi da una leggera scriminatura e sorretti da un nastro. Le ombre delle occhiaie sono sfumate, cosģ quelle del naso, della bocca, della gola. Lo sguardo, dolcissimo, fissa qualcosa, qualcuno. Sicuramente un pensiero d’amore fa sognare la sua mente. Il corpo, inclinato, posa leggermente sulla spalliera di un divano. Nella Spigolatrice (fig. 6), abbiamo una figura intera che, seduta all’ombra di un casolare diroccato, poggia la testa sul muro, che le copre una parte del viso. Un mannello di spighe č posato sulle ginocchia, appena trattenuto da una mano. Dal volto traspare una passione raccolta ma profonda.
La fanciulla č stata sedotta e abbandonata? 0 forse la sua anima č presa da un amore impossibile? Nel fondo si intravedono altre spigolatrici, ignare della sorte dell’amica. In Pensiero mattutino (fig. 4), la giovane donna č vista di tre quarti; elegante la curvatura del corpo. Essa č accolta tra il verde e i fiori del giardino ed č ritratta nell’atto di annaffiare, mentre da una finestra c’č qualcuna che la osserva, tralasciata la lettura di un libro, rimastogli aperto fra le mani.
Peccato che di questo dipinto non conosciamo l’originale, forse avremmo potuto ammirare un Amiconi colorista. Tuttavia anche dal documento iconografico possiamo osservare il filtrare della luce fra rami e foglie, che ci fa intuire il colore, e crea l’atmosfera di un fresco mattino. Al dipinto La Schiava, esposto alla Royal Academy nel 1864, bisogna riferire probabilmente uno dei bozzetti di Casa Simoncelli (fig. 5).
La giovane donna č seduta, col corpo quasi abbandonato a se stesso, su di una ruvida panca. Il braccio destro, su cui poggia la testa, č proteso in alto, la mano aggrappata a una traversina di una inferriata. Lo sguardo, rivolto in avanti, sembra voler scrutare l’animo dello spettatore, quasi alla ricerca di un aiuto, che alimenti la sua speranza di libertą. Un altro dipinto, che si potrebbe definire un vero e proprio brano lirico, tanta č la carica emotiva che ne sprigiona, č la Lettera d’amore. Forse si tratta dell’opera riportata dal Comanducci col titolo: The First Post (fig. 3) ed esposta alla Royal Academy nel 1869 (7).
La giovane donna č vista leggermente di spalle, per cui appare chiaramente ciņ che č scritto nella lettera. Parimenti soffusa di dolcissimo sentimenti lirico č La brezza mattutina (fig. 7), sempre del 1869. Una fanciulla affacciata alla finestra sembra inebriarsi alla brezza del fresco mattino, immersa in un sogno d’amore.
Gli ultimi due dipinti ci riportano, anche se indirettamente, nell’atmosfera che si respira nella pittura di un Tranquillo Cremona e piś direttamente in quella di Daniele Ranzonķ (1843-1889), i due “giovani romantici geniali e dallo spirito inquieto” (8). Si tratta di analogie che evidenzķano l’appartenenza a una comune temperie sentimentale che č una delle caratteristiche dell’ultimo cinquantennio dell’ottocento. Nel Gruppo di famIglia (fig. 8) [si tratta quasi certamente di una nobile famiglia londinese ruotante intorno alla Corte. Potrebbe addirittura trattarsi della famiglia dei coniugi Shaftesbury, data la somiglianza fra le due bambine e quelle del dipinto seguente] non ci si allontana da quanto andavano dipingendo altri artisti sullo stesso argomento.
Figure atteggiate romanticamente, paesaggio con tanto di chiaro di luna, delimitato da una parte da una coppia di colonne, dall’altra da alberi, tra il cui fogliame filtra qua e lą la luce. Analogie le possiamo riscontrare con il dipinto L’Imperatore dei francesķ e le sue dame dķ corte di Fr. Saverio Wķnterbalter nel Museo di Versailles. Molto vivace quello che si suppone il ritratto delle Nipoti di Lord Palmerston (fig. 9). Le due fanciulle sono ritratte mentre si divertono con un cavallino. Lo sfondo non si allontana da quello del dipinto precedente: da una parte l’interno con colonne, dall’altra il paesaggio che sfuma all’orizzonte. Ciņ costituisce una riprova di quanto gią detto. Facilmente il paesaggio č ispirato direttamente dal parco della villa Shaftesbury. Un caso a sé puņ essere ritenuto il ritratto della soprano Teresa Brambķlla Ponchielli (fig. 16), in quanto nel volto non appare quella dolcezza che distingue le altre figure femminili. Eppure a ben riflettere vediamo che gli elementi distintivi sono gli stessi. Se differenza c’č, lo si deve al fatto che in questo ritratto l’Amiconi ha rappresentato una donna sulla scena alle prese con un monologo drammatico.
La delicatezza dell’incarnato, la levitą delle vesti, lo stesso sfondo che per la sua struttura ci riporta ad altri dipinti, testimoniano l’unitą di ispirazione nell’arte dell’Amiconķ. La stessa impostazione diagonale della figura la riscontriamo anche in Seduzione (fig. 15), in Pensiero mattutino, in Haidée. Sicuramente il dipinto che piś d’ogni altro rivela l’arte di Berardo Amiconi, la sua sensibilitą romantica e la fine introspezione psicologica č l’opera Haidée (fig. 10), esposta alla Royal Academy nel 1869 e che fu preceduta da un’altra versione nel 1863, di cui perņ non abbiamo alcun documento iconografico. Ogni personaggio č studiato nelle relazioni interne di fronte al dramma della protagonista. Il dipinto, esposto – come abbiamo detto – alla Royal Academy, riscosse indiscusso successo, se si provvide a metterlo in pubblicazione attraverso la riproduzione fotografica, eseguita dal celebre Alinari. A pič pagina della fotografia sono scritti i versi del Don Giovanni di Byron, fonte di ispirazione del dipinto. Haidée č una fanciulla diciassettenne, che col padre e la sua famiglia abita in una delle isole Celano. Un giorno scorge sulle rive del mare un naufrago. Lo trasporta in una caverna, lo cura, e lo guarisce. “Nella divina pienezza d’un istinto naturale, sotto un cielo di rosa perenne, davanti ad un mare dagli infiniti riflessi scintillanti”, fra i due, Haidée e don Giovanni – cosķ si chiama il giovane – sboccia l’idillio (9).
Si celebrano intanto le nozze, ma nel bel mezzo della festa ecco Lambro, il padre della fanciulla, che fino ad ora era stato tenuto all’oscuro della faccenda, irrompere nella scena e ordinare ai servi di mettere in catene il giovane e di gettarlo in una nave pirata per trasportarlo verso ignoti lidi. Scende intanto la sera, e “nel crepuscolo corre, patetico, il saluto: Ave Maria La fanciulla prega il padre di desistere da tale proposito, ma Lambro č irremovibile. La fanciulla da quel momento viene presa da un languore mortale e, lentamente, si va spegnendo. “Non riconosceva essere umano, nessun luogo, quantunque a lei fossero noti da sempre”. In questo stato di evanescenza e di delirio la sorprende il pittore. La fanciulla, discinta, balza dal letto, richiamata da un suono a lei familiare. Tende l’orecchio, con la destra sollevata e il palmo della mano leggermente aperto come per meglio ascoltare, con la sinistra poggiata a un cuscino, quasi in attesa che il miracolo si trasformi in realtą. Le esili dita sembra quasi che incomincino a battere in accordo con la vecchia canzone, come dice il poeta. Gli occhi, dolcissimi – una caratteristica questa nelle figure femminili di Amiconi – rivelano la trepidazione della sua anima, immersa in una divina armonia.
Quel canto e quel suono fanno rifiorire nel suo spirito la speranza che il suo giovane ritorni. “Su di lei dice il poeta, “balenņ il sogno di ciņ che era e che č, e le lacrime iniziarono a scorrere come torrente zampillante, come nebbia di montagna, che si discioglie e diventa pioggia i suoi, che ogni giorno vedevano sfiorire sempre piś la fanciulla, nel vano e disperato tentativo di salvarla, avevano invitato quel cantore stesso che aveva intonato la stessa canzone nel giorno delle nozze. Il pittore li ha posti lķ, in un canto del dipinto, separati dalla scena madre da una paratķa e da tendaggi. La nutrice, col volto chinato e la mano che sostiene la fronte in atteggiamento di grande dolore, simile a una Mater dolorosa; lui, il padre, cupo nell’aspetto come chi ha qualcosa di veramente grave da rimproverarsi, ma con lo sguardo rivolto verso il luogo dove č la figlia, nella speranza di un cenno di salvezza. Il cantore ha il volto ispirato, mentre con le dita trascorre leggero la tastiera dell’arpa ed eleva un suo canto d’amore.
Il pittore qui ha gareggiato col poeta e ci ha lasciato un’opera in cui pittura, poesia, musica si fondono in un inno alla bellezza, all’amore, alla pietą umana. Ci troviamo di fronte a un’opera senz’altro romantica, ma di un romanticismo che non č melodramma né smanceria e vuoto sentimentalismo, ma vera passione dell’anima. Sotto l’aspetto dell’argomento, Haidée č da collocarsi nella linea di molta pittura romantica. Basti citare Il bacio di Hayez, molti soggetti di dipinti di Morelli, di Pollastrini, di Ussi, di Gonin ecc. Per dire qualcosa del colore e della tecnica in genere possiamo prendere in esame solo i due ritratti incompleti esistenti in casa Di Lorenzo (figg. 13 e 14), perché sono gli unici esemplari originali a nostra disposizione, e il ritratto della Brambilla, la cui foto a colori ci č stata fornita direttamente dal Museo alla Scala di Milano. La dolcezza dei due volti, come ci appare dai due ritratti incompleti, č quella stessa che si riscontra nei dipinti gią esaminati, e dimostra come l’artista, anche nei ritratti, non intendesse solo riprodurre i tratti esterni dei personaggi ma cercasse di penetrarne l’essenza spirituale.
Lo sfumato, che l’artista mutua dalla lunga tradizione classica, come si era evoluta nella linea di Leonardo, Raffaello, Correggio, Ingres, e che dominava ancora nelle accademie, lo ottiene modellando i volti a chiaroscuro, che conduce in uno stadio quasi di perfezione. Solo allora, con una serie di velature e con piccoli ritocchi, il volto puņ dirsi compiuto. Possiamo renderci conto di una tale tecnica proprio perché i dipinti non sono finiti ed č piś facile esaminarli a luce radente. Per le altre parti, vesti, sfondi, particolari vari, la preparazione era sommaria, seguita da un esecuzione a piena tavolozza, cosķ come facevano quelli che dipingevano direttamente dal vero. Ciņ lo si puņ intuire osservando le parti appena abbozzate dei dipinti in questione. Per concludere questi brevi cenni critici, possiamo affermare che Berardo Amiconi, pur in mezzo alle grandi novitą nel campo tecnico della pittura nella seconda metą dell’Ottocento, si mantenne fedele alla tradizione, anche se in posizione antiaccademķca, come dimostra una certa scioltezza nel pennelleggiare.
Cercņ tuttavia di interpretare la sensibilitą romantica, cosģ come si andava evolvendo verso il decadentismo, scavalcando di conseguenza il movimento verista, con grande serietą e partecipazione, non dimenticando che “lo stile non consiste in vani giochi di pennello e in trovate a sorpresa, ma in un autentico sentimento poetico, in una intima forza creatrice, che č inutile voler mistificare e gonfiare (9).
La irrequietezza stessa della vita dell’Amiconi, quel suo peregrinare alla ricerca di nuove terre e di nuove esperienze, nel vano tentativo della scoperta piś autentica di se stesso e gli ultimi anni, vissuti drammaticamente, ci dimostrano con quanta passione egli sentisse il dramma dell’uomo in un periodo di civiltą cosķ travagliato, in una crisi esistenziale profonda. Questa crisi ancora oggi ci angoscia e ci angoscerą fino a che non ridaremo alla vita i valori necessari per la creazione di un umanesimo integrale.
La prima espressione di un tale travaglio č proprio quel movimento complesso e dalle molte sfaccettature, difficilmente definibile, che va sotto il nome di decadentismo e che Berardo Amiconi preannuncia nelle sue opere.
NOTE
(1) Inventario del Museo di capodimente, n.36
(2) E. Lavagnino, L’arte moderna cit., vol. 11, p. 928. – Il Cremona morķ nel 1878, l’anno stesso della morte dell’Amiconi.
(3).M. Palanza, Capolavori delle letteratura straniera (Societą editrice Dante Alighieri, Cittą di Castello 1973), pp. 279-284.
(4)Enciclopedia dell’arte Garzanti (Milano 1973), pp. 564 e 350.
(5) G.C. Argan, L’Arte moderna cit., p. 26.
(6) A. M. Comanducci, Op. cit.
(7)E. Lavagnino, L’arte moderna cit. vol. II, pp. 926-936.
(8) Per il Don Giovanni di Byron e la storia di Haidée, mi sono servito di U. M. Palanza, Capolavori… cķt., pp. 282-289. Per la scena ritratta dal pittore mi č stato di aiuto la traduzione delle relative ottave del Don Giovanni fattami dal dr. Adelmo Di Felice.
(9) L. A. Rosa, La tecnica della pittura (Societą editrice libraria, Milano 1949), p. 128.
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