Il ciclo figurato, oltre a concentrare l’attenzione sulla scena del Giudizio ([32, 35]; v. § 3), sembra esaltare la divina maternità di Maria, senza per questo limitare sul piano dogmatico la priorità del mistero della redenzione operata da Cristo. Le scene affrescate, distribuite con ordine nell’aula quadrata e nel presbiterio interno, obbediscono ad un unico e sorvegliato programma, che solo in parte segue le festività del calendario liturgico, e attinge oltre ai testi canonici a quelli liturgici e all’apocrifo Protovangelo di Giacomo, valorizzato specie nel tardo Quattrocento per sostenere le accese controversie dottrinali relative a Maria (48).
Da una parte infatti è esaltata la linea maschile e terrena dell’ascendenza di Cristo con i progenitori della casa di Jesse; dall’altra Maria, radice di quella stirpe dei re di Giuda in quanto creduta figlia della casa di Davide di cui Gesù è il fiore (49) , è in scene che crediamo rinviino alla sua Immacolata Concezione.
Dapprima dunque la genealogia dinastica del Figlio di Dio, o meglio la sua generatio dal ceppo di Abramo (50) che passa per Jesse, il suo ultimogenito Davide e i discendenti regali di Giuda, soddisfacendo la mentalità ebraica, che individuava nel passato le radici del presente. L’ininterrotta successione è infatti rappresentata nell’apice di ciascuna parete dell’aula in dieci clipei, contornati da racemi vegetali popolati dagli antenati a mezzo busto, corrispondenti ai personaggi elencati in gruppi di quattro versetti estratti dai primi sedici del capitolo inaugurale del vangelo di Matteo, il più letto nelle liturgie domenicali e nel tempo di Natale (51) .
La serie inizia sulla parete est, quella con l’ingresso rivolto a Pereto [21] (52) ; manca sul fianco sud, come la contigua decorazione parietale, per le intemperie causate dal guasto della finestra (53); corre sopra il Giudizio a ovest [22] (54) , e si conclude a nord con Giuseppe, sposo legale di Maria [27] (55) . Le scene raffigurate sotto questo lato mostrano episodi noti anche agli illetterati. Anzitutto l’Annuncio di Gabriele alla Vergine (56), tappa essenziale della sua divina maternità, interrotta forse al cospetto del Padre e dei cherubini dalla Crocifissione del Figlio, tappa ultima della sua vicenda terrena. Seguono probabilmente dal florilegio delle Sette gioie (o allegrezze) di Maria, contemplate a quell’epoca dagli Osservanti nella recita del rosario, centrato ad esaltare la Vergine dispensatrice di grazie (57) , la Visita ad Elisabetta, che riconobbe nell’utero della cugina la presenza dell’uomo-Dio (58), e la vicina Natività, o meglio l’Adorazione silenziosa del Figlio operata dalla Madre, sul proscenio della grotta sormontata dalla tettoia (59). Segue in forte scarto dimensionale, sullo sfondo, l’Annuncio ai pastori, raggiunti da un angelo mentre vegliano nel giorno più corto dell’anno (lo facevano anche in quello più lungo); i Magi invece riconoscono in Gesù la doppia natura e nella Vergine la sua divina maternità.
Animano anche gli sguinci della finestra sul lato est [21], corrispondente alla
prima serie dei progenitori sopra il clipeo che esalta l’agnello mistico (60), il profeta Daniele e s. Gioacchino, sposo di Anna madre di Maria, entrambi allusivi alla discendenza matrilineare di Gesù. È noto infatti che sin dal Medioevo le profezie di Daniele erano associate all’albero di Jesse (61) e sfruttate nei sermoni e nei drammi liturgici di Natale, confermando la serie dei re d’Israele fino al Messia, interrotta solo dallo straniero Erode (62).
Gioacchino rinvia invece all’anziana sposa Anna, che si fa terza rispetto la
Vergine e Gesù nell’attiguo pannello dipinto da Petrus ([26]; v. cap. V. 2. 1). Egli simboleggia la fede, come Giuseppe che nella Natività di Gesù resta in secondo piano bonario e riflessivo.
Gioacchino se ne sta inattivo, con le gambe accavallate (63) e le mollettiere scese per la prolungata attesa, nell’episodio della Nascita di Maria che orna la volta sinistra del presbiterio interno [28], ove la moglie è assistita da un angelo che le offre un giglio, e da tre fantesche, di cui una fa il bagno alla neonata nel bacile e un’altra scalda un panno al fuoco, dettaglio che conserva intatta la viva-cità dei racconti apocrifi. Anzi la presenza di Anna, cui il calendario liturgico tributò dal 1481 una festa (64) , attesta la preservazione di Maria dal peccato originale. Inoltre il rapporto tra le generazioni, l’albero di Jesse e l’Immacolata Concezione può essere spiegato nel nostro santuario in un contesto vicino alla spiritualità francescana (v. § 5. 1). Forse lo stesso Minore nel riquadro affrescato da Petrus poteva concludere la recita del suo rosario (65) con la preghiera rivolta alla Vergine immacolata, fatta conoscere verso il 1483 dal Compendio devotissimo di Ubertino Busti (66).
Il tema potrebbe essere anche corroborato nelle vele di crociera dai teologi
della chiesa latina (67), seduti in coppia con evangelisti su nubi spumeggianti [tav. IIa]. A oriente ci sono Giovanni (68) e Gregorio Magno, con il piviale e la tiara pontificia; a sud Matteo e Ambrogio, senza i tradizionali flagelli (la mano è però tesa a impugnar-li), figure indicate anche dalle scritte logore tracciate sui codici tenuti dai vicini angeli. Seguono a ovest Luca e Girolamo, con la consueta porpora cardinalizia (69), rafforzati l’uno dal toro con il cartiglio dell’annuncio a Maria (70), l’altro dal leone accovacciato, il cui filatterio allude all’onore tributato a Gesù dai Magi (71) .
Concludono la serie a nord Marco (72) e Agostino, che indossa il piviale scuro dei fratres del suo ordine (73). Tra le scene della vita di Maria nella volta della scarsella interna elenchiamo a sinistra [28] il Matrimonio con Giuseppe nel tempio di Gerusalemme alla presenza di un angelo, di due vescovi e forse dei pretendenti delusi (74), mentre il servo dello sposo tiene ancora la verga fiorita, segno della sottomissione del “giusto” alla volontà divina (75). Seguono sulla parete opposta [30] inframezzati dall’Annuncio ispirato da Dio sull’arco del presbiterio [29] la Presentazione di Gesù al tempio con il vecchio Simeone (76), e l’esaltazione di Maria regina tra quattro angeli sotto un baldacchino architravato, scena che l’epigrafe sottostante commenta come icona lauretana. Questa figura poteva anche correlarsi, tempore pestis, con i santi dipinti sulla faccia interna dell’arco: Sebastiano, che supera indenne la prova della fede [tav. IIb], e Rocco abbigliato secondo il costume dell’epoca [tav. IIc], intento a mostrare il bubbone trasferito per decoro dall’inguine alla coscia, vivo e dunque segno di fiducioso abbandono in Dio e di certa protezione per coloro che ricorrevano a lui nella preghiera (77).
La parete est dell’aula quadrata è organizzata invece in scene che tengono
conto della porta e della finestra [21]. Riordinandole cronologicamente sono: la Crocifissione, con la Maddalena che bacia i piedi sanguinanti di Gesù e il
Compianto sul Cristo deposto, trattenuto nel sudario da Giuseppe d’Arimatea (78), con Gesù dagli occhi socchiusi, contornato da donne straziate dal dolore, goffe nei volti e disarticolate nelle braccia [31]; infine c’è la Discesa dello Spirito Santo, con gli apostoli raccolti nel cenacolo con Maria, sovrastata dall’Eterno benedicente in un doppio alone di luce (79) . Sul lato meridionale sono invece perdute altre scene, forse la Dormitio e l’Assunzione della Vergine, che erano spesso combinate alla sua Incoronazione in cielo per attestare il definitivo trionfo sul peccato e sulla morte. Ricordiamo da ultimi gli episodi della leggenda di fondazione [23, 24] descritti nel § 2, raffigurati nel primo registro delle pareti laterali della scarsella dell’aula.
Note
48) Il testo fu compilato a inizio del III secolo o nel VI, ed è il primo tra i vangeli spuri (così definito dal Concilio di Trento) concernente la natività della Vergine e l’infanzia di Gesù, utilizzato dalla Chiesa nella predicazione e nell’iconografia per gli estesi dettagli narrativi. Ne circolavano numerosi
rifacimenti in volgare, come il vangelo dello Pseudo-Matteo (secc. VII-VIII) e il Libro della nascita della Beata Vergine (prima metà del IX secolo), riassuntivi dei suoi primi undici capitoli, che si credeva fossero stati tradotti dall’aramaico in latino da s. Girolamo, v. Craveri, pp. 5-7, 63-65, 216 e Peretto.
49) Estraiamo dal testo del profeta Isaia 11, 1: et egreditur virga de radice Jesse et flos de radice eius ascendet, con riferimento tipologico al rapporto spirituale di filiazione con il Messia, garantendo il passaggio dalla generazione umana a quella spirituale (Guerrau-Jalabert, pp. 153-155, 159-162). Fonda-mentali sono i contributi di Lepicier, pp. 6-14; Fournée 1957, pp. 47-48; Levi d’Ancona 1957, pp. 46-50; E. Marino, pp. 9-10, 115, 150; Lapostolle. Per i più antichi e noti riscontri iconografici, v. Watson, con selezione da codici miniati, da vetrate (in particolare quella molto restaurata della cappella orientale della Vergine in St. Denis a Parigi, su programma dell’abate Suger), da dipinti e bassorilievi (v. il secondo pilastro della facciata del duomo di Orvieto, realizzato nel primo trentennio del Trecento). Per un repertorio completo dei re d’Israele, v. l’Hortus (ovvero paradiso, giardino spirituale conclusus) Deliciarum (dall’ebraico Eden), testo elaborato tra il 1168 e il 1178 dalla badessa Herrad von Landsberg per le consorelle del monastero alsaziano di St. Odil, compendio largamente sfruttato in epoche successive, v. l’edizione a cura di R. Green, fig. 120 e did. 100. Per un caso pressoché coevo al nostro, del 1497, v. la tavola di Matteo di Gualdo, oggi custodita nel Museo
civico di Gualdo Tadino, cfr. De Vecchi [25].
50) La sottile distinzione è di Guerrau-Jalabert, p. 150.
51) In esso sono citati quarantadue anelli intermedi tra Abramo e Gesù. Il passo parallelo di Luca (3, 23-28) segue una linea ascendente e raggiunge Adamo, v. Bizzocchi, pp. 120-122.
52) Le scritte relative contraggono AUTEM e il verbo GENUIT. Non è facile leggerle, per la posizione elevata in cui si trovano e per la caduta di alcune lettere date a secco; alcune non furono completate, altre sono piene di errori, ma integrabili con facilità dai passi del citato vangelo, il cui testo riferiamo tra
parentesi quadre in minuscolo; spesso è impropria la distinzione tra le parole. Trascriviamo su questo lato dai vv. 1-4: [Liber generationis Iesu Christi]/FILII DAVIT; [Abraham]/AT GN; ISAAC ISAACAT/GN; IACOB IACOB AT/GN; IUDA ET FRATER (fratres) EI(US) / IUDA ET FRATER (fratres) EIUS; [Phares et Zara]; [Phares autem genuit Esrom]; [Esrom autem genuit Aram]; [Aram autem genuit Aminadab]; [Aminadab autem genuit Naasson]; [Naasson autem genuit Salmon].
53) Doveva comprendere la serie da Salmon a Ioram, descritta nei vv. 5-8a; in realtà conteggiava undici personaggi, quasi tutti re.
54)
Leggiamo dai vv. 9-12: IORAM/GN […]; […] [Ozias] AUT GN; IOTHAN IOTHAN/AT GN; […] [Agaz?]/ [Ezechiam]; EZECHIA/AT GN; MANA(SSE)M/AT GN; AMO(N)/AT GN; IOSI/AM IOSIAS/AT GN; IECONIAM E(T) FR(AT)R(E)S EIUS/ET POST TR(ANSM)I(GRATIONEM) BABILONIS IECONIAS ICONI/AS; ET POST TRIBOLATIONE (sic) BABILONI SALAITEL GN […] (fino a Zerobabele).
55) Trascriviamo dai vv. 13-16: ZOROBABEL GN/; ABUSO [Abiud] AT/GN; ELIACHIM ELIA-CHIM AT GN; AZOR AZOR AT/GN; SADOC SADOC AT/GN; ACHIM ACHI(M)/ATGN; EL[IUT] ELIUT/ AUTE GN; MATH/(AN) […]/[…]; IACOB AT/GN; IOSE(PH) VIR(UM)/ [Mariae]. Nel brano di Luca il padre di Giuseppe è Heli, per cui gli studiosi hanno cercato una difficile conciliazione, v. Bizzocchi, pp. 123-125, 148-149.
56) Analogo soggetto è ripreso nel timpano dell’arco interno del presbiterio [29], ove il vaso di terra-cotta con i gigli in fiore allude al mistico hortus e all’immacolata virtù di Maria.
57) Cfr. Stratton, p. 122. Per le origini, le diverse tipologie, i metodi e le relative forme di recitazione del rosario francescano, la cui origine risale forse al 1422, v. Bracaloni, in particolare pp. 258-275. Di Meglio, p. 177 ne precisa l’uso quale pratica interna alle comunità religiose o quale strumento peni-tenziale privato. Ricordiamo che tale preghiera extraliturgica si diffuse specie dopo l’istituzione della confraternita del Rosario, patrocinata a Colonia nel 1475 da Alano de Rupe con autoriz-zazione di Sisto IV, che era un francescano immaculista. Molte erano le forme combinatorie delle centocinquanta Ave e dei dieci Pater, con le cinquanta meditazioni sui misteri dell’incarnazione e redenzione di Gesù, e con poche varianti di altro tema. Ciascuna serie facilitava la concentrazione per ogni età, lingua, sesso, classe sociale, condizione spirituale, ed era guida ed efficace talismano
per una buona morte (v. Winston), capace di suscitare virtù.
58) Cfr. Stratton, p. 17. Per la festa in suo onore, istituita nel 1389 da Urbano VI che ne legittimò il culto, confermata con enciclica di Sisto IV nel 1475, e per gli inserti narrativi presenti nelle edizioni quattrocentesche della Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, v. Cieri Via 1991, p. 21 e p. 26 nota 75.
59) Non comprendiamo chi sia la donna seduta in preghiera presso la mangiatoia, una laica in abiti d’epoca, forse una devota di rango.
60) Fu preconizzato dai profeti in richiamo dell’Ascensione di Gesù alla destra del Padre, ed è soste-nuto da angeli che imitano le vittorie classiche in volo.
61) Rimanere illeso nella fossa dei leoni simboleggiava la Vergine non toccata dal peccato, v. Levi d’Ancona 1957, p. 47.
62) Cfr. in genere la predica attribuita a s. Agostino (oggi Pseudo-Agostino) contra Judeos Paganos et Arianos, largamente sfruttata nella sezione antisemita (v. Glass, pp. 216-217, con interessanti riscontri alle pp. 215, 223-226; utile anche Gay, pp. 361, 363-364, con tavole alle pp. 366-367).
63) Raynaud, p. 145.
64) Cfr. Stratton, pp. 28-29; per le anteriori tappe dogmatiche del suo festivo, v. E. Marino, nota 371 p. 148; per il suo ruolo in funzione di Maria, v. Levi d’Ancona 1957, p. 41, Borchert pp. 161-162 e Gallino, pp. 171-172, che evidenziano come la Conceptio s. Annae era onorata l’8 dicembre, giorno
poi scelto per l’Immacolata Concezione; il suo culto era associato anche ad altre festività mariane, specie quella dell’8 settembre.
65) Nei dipinti murali e nelle miniature di fine Quattrocento sono numerosi i frati con la corona in mano, v. Bracaloni, p. 261 nota 1; per la relativa gestualità, ivi pp. 268-269.
66) Dallaj, p. 242.
67) Levi d’Ancona 1957, pp. 43, 60 e nota 162 seleziona alcuni brani tratti dai rispettivi commentari alle Scritture.
68) SANCT/US IHO/VANNE/S · EVANGELIST IN/PRI/NCI/PIO/ERAT VER[BUM].
69) Per l’orientamento immaculista dei suoi scritti, v. Testa, pp. 178, 180.
70) Curiosi sono i giochi di inversione tra le lettere V e A. MISSA[U]S · ETS · ANGELUS · GABRIEL · A DEO IN CIVITATE GVLILEE CVI NOMEN NAZARE AD VIRGINEM DISPONSATA VIRO CVI NOMEN ERAT IOSEPH DE DOMO DAVIT (Lc 1, 26). L’epigrafe, come la successiva, non segue l’andamento a curve contrapposte del rotolo.
71) Riferiamo il testo liberamente integrato da Calvani, p. 32: IN DIEBUS ERODUM ECCE MAGI AB ORIENTE VENERUNT JEROSOLYMAM DICENTES UBI EST QUI NATUS ET REX IUDEORUM (Mt 2, 1-2). Le parole sono le stesse di quelle riassunte nel cartiglio di s. Luca nella volta della cappella di S. Sebastiano a Trevi.
72) SAN/CTU/S MA/RCUS/; nel libro seguono quattro righe non più leggibili.
73) SANCT/US · AGU/STINU/S DOCT/OR DE/LA SA/NCTA/CHIESA/DE DIO SANCT[IS-SIMA].
74) La scritta sottostante è frammentaria.
75) Cattabiani, pp. 142-143.
76) Il rito, secondo la consuetudine ebraica (Lc 2, 22-29), prevedeva due cerimonie: la circoncisione del figlio maschio, a segnare la sua appartenenza al popolo di Dio e la morte della carne (la relativa festa fu esaltata in particolare dalla teologia e dalla devozione orientali), e dopo quaranta giorni la
purificazione della madre, ritenuta immonda per il parto (Lev 12, 1-8), modello di conversione per ogni fedele (v. Owen Hughes). Le due tortore simbolo di purezza, offerte per l’olocausto e il sacrificio espiatorio, erano tra gli animali presentati dalle classi più povere (Lev 12, 8; 14, 22).
77) Cfr. Vauchez 1968; Biraben, pp. 78-79; Marshall, cap. VI e p. 169. Vauchez 2000 ne indaga la diffusione del culto a fine Quattrocento.
78) L’inserto, esclusivamente devozionale, fu introdotto a metà Trecento dallo Pseudo-Bonaventura nelle Meditazioni sulla vita di Cristo.
79) Sonsini, p. 57 e Bontempi 1972, p. 14 (che ricalca l’anonimo F. R. nell’articolo apparso sul “Corriere d’Italia” del 21 agosto 1911, n. 230, p. 3) credevano fosse il Risorto, pensando forse al Figlio dell’Uomo descritto in Ap 1, 14, con i capelli simili a lana candida, come neve.
Testi tratti dal libro Pittori di frontiera
Testi a cura della dott.ssa Paola Nardecchi
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