Osservando ciò che rimane delle Opere sacre nella nostra zona, siamo spesso portati a criticare lo stato di abbandono e talvolta la fatiscenza di chiese, di affreschi, di tele, di statue…. Troppo facile criticare e dare la colpa ad altri. Fortunatamente da qualche tempo si osserva che semplici cittadini si stanno adoperando di persona, in quanto ormai più sensibili e più preparati, a voler mantenere e recuperare testimonianze di una pietà antica seppure semplice. È il caso di una tela trovata alcuni anni fa abbandonata negli scantinati della canonica della chiesa parrocchiale di Poggio Cinolfo.
Gravemente danneggiata dalle muffe e dall’umidità, risultava squarciata in più punti, con rozze toppe incollate in maniera primitiva per riparare danni precedenti, forti e sparse cadute di colore, evidenti, pesanti “ritocchi”. Pur così rovinato, il dipinto forse ritagliato da una scena composita lasciava intravedere l’immagine di un santo. Il personaggio si mostrava con sguardo ispirato rivolto verso l’alto, baffi e pizzo neri, alcune pesanti pennellate per accentuare gli zigomi, il naso, le rughe sulla fronte e indossava un mantellino. Tutta la composizione appariva rozza e realizzata da mano poco felice. Recentemente, dopo un primo intervento di ripulitura, non visibili prima, si sono evidenziati: un bastone (pastorale?) appoggiato sul petto e sulla spalla sinistra del santo, nell’angolo sinistro in alto un calice con sopra l’ostia sospesa, verso la quale s e m b r a rivolto lo s g u a r d o del santo, il muso di un a n i m a l e (un cane? un cinghiale?..) Nell’angolo in basso a sinistra di chi osserva.
I baffi, la barba e alcune pennellate sul volto sono risultate posteriori e fatti con poca esperienza tecnica per coprire cadute di colore, abrasioni e squarci di tela. Dopo aver optato per un restauro conservativo, si è deciso di togliere tutto ciò che non fosse stato dipinto in origine: la composizione ha assunto una calda luminosità che si sprigiona soprattutto dal volto del personaggio. Il dipinto sembra essere stato realizzato tra la fine del XVIII e il primo trentennio del XIX secolo. Più difficile e complessa è l’individuazione del santo raffigurato e per ora impossibile risalire all’autore del quadro. Il calice con l’ostia, il bastone, il muso dell’animale con l’occhio apparentemente alterato, il mantellino, sono elementi figurativi che possono essere riferiti a più di un santo conosciuto: Ignazio di Loyola, Francesco di Sales, Alfonso Maria de’ Liguori, oppure San Rocco…?
È forse verso quest’ultimo che va posta la nostra attenzione. A Poggio Cinolfo già dal 1659, in ringraziamento della scampata peste che imperversava nella zona, a San Rocco venne dedicata una cappella “extra moenia”. Il santo Montpellier (12951327) ebbe in tutta Italia un enorme devozione che si è mantenuta fino ai nostri giorni e seppure raffigurato con fogge delle varie epoche, ha quasi sempre il mantello e il bastone del pellegrino e vicino a sè il cane con pane in bocca. Il calice con l’ostia sono stati inseriti, si suppone, come diretto richiamo al panecibo divino. Seppure possono persistere ancora dubbi sul riconoscimento della figura in San Rocco, sperando di poter tornare sull’argomento, per il momento ritengo sia già di grande soddisfazione aver potuto salvare da sicura distruzione una delle rare opere che a Poggio Cinolfo e al patrimonio di tutti appartengono. Degno di nota il risultato dovuto all’attenta opera della giovane Eleonora Ottaviani che, a titolo gratuito, si è prestata ad esaminare lo stato dell’opera e ad individuare e a mettere in atto le possibili tecniche di intervento finalizzate al solo recupero e non ad un vero e proprio restauro dell’opera.
Foglio di Lumen
Testi a cura di Terenzio Flamini
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