PREFAZIONE
Dalla Prefazione alla I’ Edizione
Sac. Gaetano Squilla
Gli storici della Marsica forse hanno troppo trascurato la Valle Roveto, che poi storicamente e geograficamente ha fatto sempre parte della regione dei Marsi. La Valle Roveto solo ecclesiasticamente appartiene ab immemorabili alla diocesi di Sora (Lazio), ma etnicamente, geograficamente, linguisticamente essa, anche se confinata all’estremo lembo sud-occidentale dell’Abruzzo, e stata sempre considerata parte integrale di quest’ultimo. Se si vagliano con attenzione tutti i documenti storici, possiamo affermare quasi con certezza che Balsorano (Vallis Sorana) fu il paese di confine fra il Lazio (o la Campania per alcuni secoli) e l’Abruzzo.
Cosi tutta la regione che da Balsorano si spinge a Nord, risalendo la corrente del Liri fino alla collina su cui sorge Pescocanale, cioè la Valle Roveto, non ebbe mai nulla a che fare con Sora, tranne che per ragioni commerciali, restando associata, durante la Repubblica Romana e l’Impero, alle fortune dei Marsi, e facendo parte in seguito, nel Medio Evo, dell’Abruzzo Ultra.
Io penso che il silenzio, o quasi, riscontrato negli storici marsicani, e dovuto soltanto al fatto che la Valle Roveto da secoli appartiene geograficamente all’Abruzzo ed ecclesiasticamente a Sora, una diocesi del Lazio. Tale posizione di confine ha nociuto alla sua storia: e così poche notizie dei tempi passati sono giunte fino a noi. Mentre gli storici di Sora non ebbero interesse alcuno a parlare di una valle che non fece mai parte della loro regione, d’altro canto gli storici marsicani, pur accennando alla nostra terra nelle loro pubblicazioni, riportarono appena vaghi o insufficienti riferimenti sulla Valle Roveto, ma mai approfondirono ne controllarono le notizie che la riguardavano.
E’ un vero peccato che siano rimaste sepolte tante memorie di una regione, attraversata da un fiume storico, il Liri, testimone in epoche remote, durante le Primavere italiche, delle trasmigrazioni delle stirpi sabelliche, e teatro delle lotte combattute da Sanniti e Romani prima, da Italici e Romani dopo, nella Guerra Sociale o Marsa. Dionigi di Alicarnasso (Lib. I, Cap. IX) asserisce che fra i primi abitatori dell’Italia centrale debbono essere ricordati gli Aborigeni. Questi abitarono in villaggi dispersi sui nostri monti fin dai tempi preistorici e occuparono precisamente la regione determinata dai corsi del Liri e del Tevere, alle falde degli Appennini: alle radici dei nostri monti (Ad radices Apenninorum), dice lo storico.
Ora la Valle Roveto, se si esclude il breve tratto iniziale del Liri che attraversa la stretta Valle della Nerfa, e percorsa dall’alto corso del Liri per tutta la sua lunghezza; e per questo, situata al centro quasi d’Italia fra monti altissimi, che la dominano da occidente e da oriente, dovette diventare una necessaria via di comunicazione e di passaggio per le popolazioni, che si spostavano da nord verso sud in cerca di nuove sedi, e costituì senza dubbio durante l’espansione romana nell’Italia centrale un importante punto di controllo o di difesa. I Marsi che scendevano verso il sud e i Volsci che risalivano il fiume Liri avevano una strada obbligata: quella della Valle Roveto.
I consoli che portavano aiuti dal mezzogiorno alle legioni romane, messe in difficoltà dai Marsi nell’aspra guerra sociale, dovettero servirsi della Valle Roveto. Il silenzio sulla nostra valle continua, anzi si fa sempre piu profondo, dopo la caduta dell’Impero di Roma. E’ vero che nel Medio Evo per tutti, anche per città più famose e per terre più ricche di storia, le notizie si fanno sempre piu rare. Ma e doloroso non trovare accenni storici di una terra che vide barbari invasori dal tempo dei longobardi al periodo carolingio e che di quelle epoche ha conservato sempre viva la religione dei suoi antenati. E sono rare le notizie che si occupano di noi o che nominano semplicemente la Valle Roveto, anche quando questa valle, al confine dello Stato della Chiesa e del Regno di Napoli, e percorsa da eserciti di tutte le razze, che calano sotto la guida di imperatori e di re, dalle regioni d’oltralpe.
Per maggior nostra sfortuna le poche notizie, a noi pervenute attraverso le pagine degli storici locali, non sempre sono esatte: spesso risultano false o infondate. Il mio studio vuole riparare un torto secolare fatto alla nostra terra e colmare, per quanto mi è stato possibile, una grave lacuna. Il libro presente, frutto di pazienti e lunghe ricerche, parla esclusivamente della Valle Roveto, la terra che i nostri padri abitarono e dove io sono nato. E’ stato costante pensiero della mia vita quello di illustrare i luoghi che mi videro nascere; e stato sempre mio ardente desiderio scrivere per queste popolazioni forti e laboriose, che mi vollero bene, una monografia storica sulla Valle Roveto, perché di essa si conoscessero le bellezze, i panorami, i monti, i bisogni, la storia.
Luglio 1966
Ugo M. Palanza
Il volume uscì, per i tipi dell’Abbazia di Casamari, nella estate del 1966, con la collaborazione finanziaria dell’Ente Fucino, e naturalmente ebbe subito un gran successo fra gli abitanti della Valle e nella Marsica tutta, si che l’edizione si ridusse presto a poche copie ed infine si e esaurita del tutto, tanto che la Pro Loco di Civitella, nella persona del Presidente Dr. Gianni De Blasis e il Comune, nella persona dell’Assessore Br. Lucia Allegritti, hanno avvertito la necessita di riproporne la ristampa, tenendo peraltro conto che, essendo ormai trascorso un buon lasso di tempo da quel 1966, fosse bene rileggere il testo della prima stesura per sistemarlo nuovamente in relazione ai nuovi tempi ed ai mutamenti necessariamente nel frattempo prodottisi nel territorio.
L ‘incarico e stato affidato a me, nella mia qualità di Direttore del Centro Studi Marsicani, e confesso d’essere stato felice d’aver potuto, nell’occasione, conoscere, attraverso l’opera, la personalità d’un uomo d’eccezione, quale e stato Don Gaetano Squilla, e di collaborare con Lui, pur solo inserendomi in un certo momento nella sua fatica, a far cosa utile e ambita dagli abitanti d’una Valle tanto bella e tanto suggestiva, e anche tanto ricca di memorie degne d’esser conosciute e tramandate: sul testo di Don Gaetano ho tuttavia limitato l’intervento solo a momenti essenziali, attento soprattutto a nulla turbare di quanto di spirituale, di senso personale dell’anima dell’Autore, vive nel libro.
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