Comune di Scurcola Marsicana

La vita dell’Abbazia fu breve: nel secolo XV era già in decadenza e al principio del secolo XVI il Tempio e il Monastero ridotti in uno stato pietoso ed abbandonati dai Monaci. Alcuni vedono la causa nelle guerre tra Francesi e Spagnoli: è vero che in Puglia nel 1503 vi sono scontri tra il Consalvo di Cordova e il Generale di Aubigny, ma vediamo che queste guerre non toccano affatto altri monaci che ci vivono in mezzo, quindi tanto meno potevano influire sui Monaci della Vittoria. La vera causa la dobbiamo trovare in alcune contese locali e in parte anche all’opera dei terremoti. Di terremoti il Moratta e l’Egidi ne ricordano parecchi. In realtà non dovette influire che quello del 1456, riferito dal Maratta, benché avvenisse una cinquantina d’anni prima dell’esito dei Monaci. Allora gli edifici furono deteriorati e mal riparati dai Monaci, tanto da poterli abitare. Le contese locali, prima causa, incominciarono quando Fabrizio Colonna ebbe l’investitura dei Contadi di Alba e Tagliacozzo.

Prima di tutto questi mal sopportava che i possedimenti della Badia rompessero l’unità dello stato e poi i Colonna erano Ghibellini e non potevano tollerare quella superstite testimonianza della clamorosa vittoria guelfa (Marini). Fabrizio quindi nel 1506 fece nominare Commendatario della Badia Alfonso Colonna, suo pronipote, commenda che non fu data per dotazione regale, ma dalla Corte romana. Gli scopi di queste famose “commende” così espressivamente ci sono descritti dal Van-Espen (Jus Eccles.); ‘Monasteria sic commendata non restaurabantur, aut reformabantur, sed magis continuo collababantur et deformabantur. Hoc enim unicum agebant Abates Commendatarii ut ampliores proventus haberentur”. Nel 1528 Ascanio Colonna era Vicerè della provincia d’Abruzzo. Costui per difendere la propria carica dovette far fronte alle violenti sorprese del famoso principe romano Sciarra Colonna, che vessava l’Aquila, e del quale rimase vincitore con l’aiuto degli Aquilani.

Con l’ingerenza dei Colonna nella Badia i Monaci cominciarono sempre più a trovarsi a disagio. Ascanio, essendo parente di Alfonso, amministrava indipendentemente i beni del Monastero e teneva nel silenzio i Monaci con la forza del braccio. La potenza dei Colonna si accrebbe ancora di più quando Napoleone Orsini, tentando di conquistare le terre dei Marsi, con frequenti scorrerie, supponendole tolte alla sua casa dai Colonna, fu domato con l’aiuto di Scipione Colonna, Vescovo di Rieti, che lasciò la vita in una mischia sanguinosa. Fin dal 1505 Alfonso Colonna per annettere i feudi al Ducato costringeva i monaci ad andarsene perché non morissero di disagi e, passati alcuni anni, gli edifici rimasero completamente abbandonati. I Colonna non si curavano affatto del Santuario, almeno per i lavori più urgenti, anzi furono talmente abbandonati che chiunque se ne poteva servire a proprio talento. Gli abitanti vicini allora man mano, essendo ormai periti sempre di più, li smantellarono e finirono ad abbatterli per utilizzare i materiali lavorati nell’abbellimento di Chiese e case, fra le quali la Chiesa della SS. Trinità di Scurcola e di S. Lucia di Magliano.

L’insigne storico marsicano Febonio ricorda che il fabbricato giacque a totale distruzione, tanto che venne quivi eretta una fabbrica di vasi di argilla: “Illius Ecclesiae solum in opis flculi ex laterum coctione domino loci emolumenta fecit”. E l’Ughelli così pietosamente commenta l’abbandono: “Andò in rovina dopo molti anni l’opera nobilissima per un forte terremoto: giaceva tra i ruderi e le vespe, e nessuno più considerava quel pio perpetuo voto degnissimo alla Vergine SS!”. In mezzo alle macerie del Tempio la Statua della Vergine giacque anch’essa sepolta e dimenticata. Non sappiamo quanti anni sia stata sotto le rovine, né come ne sia stata tolta. E poiché quando manca la storia prende il posto la leggenda, anche questo vuoto è colmato dalla legenda. “Dopo un lungo volgere d’anni, e forse in tempo più tranquillo, come narra l’erudito storico marsicano card. Febonio, il Clero di Scurcola, come segno di special provvidenza del cielo ed amorevole compiacenza della divina Madre, quel santo Simulacro solennemente trasportava nel limitrofo paese di Scurcola, e collocavalo sull’alto di esso e propriamente presso l’antica Rocca, tuttodì esistente, e dove erasi fabbricata una Chiesa dedicata alla Vergine sotto lo stesso titolo di S. Maria della Vittoria”.

Mons. Corsignani dice di aver letto un Manoscritto antico di tal Girolamo Buccieri (conservato in casa Bontempi, 1715), che riporta “per recare alla presente Istoria lusso maggiore”: “L’Immagine della gran MADRE DI DIO sotto il Titolo della Vittoria, che al presente trovasi collocata in cima della terra della Scurcola quasi presiede in alto per meglio invigilare alla sua difesa vicino al Castello dei SS. Orsini ed al presente dei SS. Colonnesi, apparve in sogno ad una buona ed onorata vecchia di Tagliacozzo; ed avendo comunicato tale visione ai suoi concittadini più volte col dirle il luogo dove stava; finalmente le prestarono fede: ed andiedero a cavare in territorio della Scurcola con consenso ed assistenza dei cittadini della medesima Terra, in un Monastero disfatto vicino al fiume, dove si dice l’Abbazia, fabbricato sontuosamente da Carlo d’Angiò e con regale magnificenza in onore della beatissima Vergine in rendimento di grazie per la memorabile vittoria riportata contro il re Corradino, in quelle vicinanze, conforme ce lo comprovano ancora più gigli d’oro che stanno nel mezzo della Cassa…

E come cominciarono a cavare sentirono una celeste melodia e finalmente trovarono la detta SS. Immagine, bella, ed intatta senza macula alcuna nella forma, che oggi si venera come se mai fosse stata sotterra, dentro una cassa di noce, stava dentro un’altra cassa più grande, quali casse presentemente ancora si trovano e stanno) dentro detta Chiesa. Pretendevano li Tagliacozzani portarsela in Tagliacozzo su lo supposto che a loro spettasse, mentre era apparsa alla Cittadina, che era stata la causa che si fosse ritrovata. Gli Scurcolani intendevano all’incontro, che fosse loro, come che ritrovata nel loro territorio. Per sanare tali alterazioni e contese fu risoluto di comun consenso che si andasse a darne parte al Vescovo Diocesano, che allora era Mons. Maccafani da Pereto, acciò avesse dato la norma secondo la quale avessero dovuto contenersi per evitare inconvenienti, che poteano nascere e si dice che fosse nell’anno 1525, siccome si arguisce dal millesimo che sta sopra la porta di detta Chiesa.

Il predetto Vescovo, spirato da Dio, ordinò che si ponesse sopra un’asta di Lettica. e si lasciassero andare i muli, che la portavano dove volessero.
Li Tagliacozzani tutti allegri per essere i muli coll’asta della loro Patria, credevano se ne tornassero a Tagliacozzo, ma come volle la Madre di Dio, usciti dalla porta che va verso Tagliacozzo, che si dice di S. Antonio, e passato l’Ospedale, svoltarono a mano destra: si indirizzarono all’insù verso la detta terra e s’andarono a inginocchiare al di sopra della terra, dove stava una Cona con la figura della Beatissima Vergine detta della Provvidenza; dove fu poi fabbricata la Chiesa ed al presente si trova con grande plauso, e devozione non ordinaria di detta terra ed ancor delle convicine per gli grandi miracoli e grazie che a larga mano dispensa. Onde si è resa, e si rende tuttavia più celebre nei vicini ed anco in lontani paesi…”

Tratti dal libro S.M. della Vittoria nel II° Centenario dell’incoronazione, 1957

Testo a cura di Carlo Grassi

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